Page 87 - A spasso con Bob
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umana e avevo ricominciato ad avere fiducia nel mio prossimo.

             Rosemary  fu  di  parola,  e  le  medicine  mi  furono  recapitate  direttamente  a  casa
          consentendomi di cominciare a curarlo già quella sera stessa.
             A  Bob non piacque il sapore dei fermenti lattici, fece una smorfia e si ritrasse

          quando riuscii a fargli ingoiare la prima cucchiaiata.
             «Che ci vuoi fare, amico mio», gli dissi, «se non avessi infilato il tuo bel muso
          nella spazzatura, adesso non ti toccherebbe questo supplizio.»
             Il  farmaco  fece  effetto  quasi  subito.  Bob  dormì  profondamente  e  la  mattina  si
          svegliò molto più vispo. Dovetti lottare un po’, tenendogli la testa ferma, per fargli

          mandare  giù  la  medicina  e  giovedì  era  decisamente  in  via  di  guarigione,  ma  per
          precauzione pensai di portarlo ugualmente dal veterinario.
             L’infermiera di turno riconobbe subito Bob e si preoccupò quando le raccontai di

          quanto non fosse stato bene negli ultimi giorni.
             «Vorrei visitarlo», mi propose.
             Verificò il peso di Bob, gli controllò le fauci e lo tastò con cura.
             «Mi sembra tutto a posto», concluse alla fine. «Il peggio è passato ed è in fase di
          guarigione.»

             Prima di uscire dall’ambulatorio, ci fermammo a chiacchierare qualche minuto e
          poi la donna, salutandomi, esortò Bob: «E mi raccomando, stai alla larga dai bidoni
          dell’immondizia».

             La malattia di Bob mi aveva fatto riflettere; avevo creduto che il mio gatto fosse
          «invulnerabile» e che non si sarebbe mai ammalato. La consapevolezza che anche lui
          un giorno potesse morire mi aveva letteralmente sconvolto, convincendomi ancora di
          più che era arrivato il momento di voltare pagina.
             Ero stufo della vita a cui ero costretto per colpa dei miei trascorsi con la droga,

          ero  stanco  di  dover  andare  ogni  quindici  giorni  all’unità  per  il  trattamento  delle
          tossicodipendenze e tutti i giorni in farmacia. E soprattutto era avvilente il pensiero
          di poter scivolare ancora nel tunnel della droga.

             Così il giorno successivo, durante il colloquio con il mio terapeuta gli comunicai
          la mia intenzione di non voler prendere più il metadone e anche di voler compiere il
          passo  definitivo  verso  la  completa  disintossicazione.  Ne  avevamo  già  parlato  in
          precedenza, ma forse non gli ero sembrato troppo convinto. Questa volta però anche
          lui capì che facevo sul serio.

             «Non sarà facile, James», mi avvertì.
             «Sì, lo so bene», gli risposi senza esitazione.
             «Dovrai  prima  assumere  un  farmaco  che  si  chiama  Subutex,  poi  inizieremo  a

          diminuire gradatamente il dosaggio fino a ridurlo a zero», proseguì.
             «Va bene», risposi annuendo.
             «Non sarà facile, avrai delle crisi di astinenza, anche piuttosto acute», mi spiegò il
          terapeuta guardandomi dritto negli occhi.
             «Questo è un mio problema», gli risposi sicuro. «Lo voglio fare, per me e anche
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