Page 75 - A spasso con Bob
P. 75

meridionale  del  Tamigi  vicino  a  Vauxhall  Bridge  e  al  Palazzo  MI6,  il  quartiere

          generale dei servizi segreti britannici.
             Appena entrato, mi cadde l’occhio su un cartello che vietava l’ingresso ai cani.
          Forse, pensai, i cani una volta potevano entrare, ma si erano azzuffati e così non li

          avevano più ammessi; comunque dei gatti non si faceva menzione.
             Dopo  aver  compilato  un  paio  di  questionari,  mi  accompagnarono  nella  sala
          d’aspetto  e  mi  dissero  di  attendere.  Dopo  pochi  minuti  mi  chiamarono  per  il
          colloquio.
             Dall’altra  parte  della  scrivania  sedeva  un  uomo  gentile  con  il  quale  mi  sentii

          subito a mio agio. Anche lui, anni prima, era stato un senzatetto e aveva accettato di
          vendere il giornale per riorganizzare la sua vita. Gli raccontai la mia situazione e lui
          si mostrò molto comprensivo. «So com’è, James, credimi», mi disse.

             Il  colloquio  non  durò  molto  perché  accettò  la  mia  candidatura  e  mi  invitò  a
          recarmi in un altro ufficio dove un impiegato mi spiegò che sarei stato fotografato e
          che  avrei  dovuto  aspettare  il  tempo  necessario  per  plastificare  la  tessera  di
          riconoscimento.
             Fu allora che trovai il coraggio per chiedere se anche Bob poteva averne una.

             «Mi  dispiace»,  rispose,  scuotendo  la  testa.  «Gli  animali  domestici  non  sono
          autorizzati ad avere un badge. Una volta era possibile per i cani, ma non ci è mai
          successo con i gatti.»

             «Forse potrebbe fotografarci insieme?» azzardai.
             L’impiegato corrugò la fronte come se volesse dirmi di no, ma poi ci ripensò e
          cambiò idea. «D’accordo, mettetevi in posa.»
             «Bob, sorridi», dissi davanti all’obiettivo. Mentre aspettavamo che la foto venisse
          stampata,  proseguimmo  con  la  procedura  di  registrazione.  Quando  diventi  un

          venditore di Big Issue, ti assegnano un numero scelto a caso e che non è progressivo
          anche perché, se così fosse, ormai avrebbero superato le migliaia tanto è elevato il
          numero  di  venditori  che  negli  anni  hanno  accettato  il  lavoro  ma  poi  hanno  anche

          mollato senza avvertire nessuno.
             Quando qualcuno non figura più nei registri delle presenze per un certo periodo di
          tempo,  il  suo  numero  viene  rimesso  in  circolazione.  Devono  farlo,  non  c’è  altro
          modo.
             Dopo un’attesa di un quarto d’ora, l’uomo tornò alla scrivania. «Ecco fatto signor

          Bowen», disse porgendomi il mio badge plastificato.
             Nel vedere la foto non riuscii a trattenere un sorriso: Bob era alla mia sinistra,
          eravamo una squadra: VENDITORI BIG ISSUE NUMERO 683.

             Per  tornare  a  Tottenham  il  tragitto  fu  molto  lungo  e  dovemmo  prendere  due
          autobus.  Così  impiegai  l’ora  e  mezzo  di  tempo  per  leggere  l’opuscolo  che  mi
          avevano lasciato. Probabilmente l’avevo già avuto tra le mani dieci anni prima, ma
          non mi ricordavo che cosa ci fosse scritto. Non c’era di che stupirsi, all’epoca non
          me  ne  importava  un  accidenti  e  avevo  sempre  la  testa  altrove,  ma  adesso  avrei
   70   71   72   73   74   75   76   77   78   79   80