Page 78 - A spasso con Bob
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riuscissi a finire la frase, una delle due stava già sventolando un biglietto da cinque

          sterline.
             «Oh,  non  credo  di  avere  il  resto.  Ho  appena  iniziato»,  spiegai  con  un  certo
          imbarazzo. Molti pensano che sia solo una scusa, ma nel mio caso era la pura verità.

          Infilai le mani in tasca e tirai fuori gli spiccioli, ma mi resi conto che arrivavo a
          malapena a una sterlina.
             «Non voglio il resto», mi fermò l’americana. «Usalo per comprare delle buone
          pappe per il tuo gatto.»
             Le due ragazze se n’erano appena andate, quando si fermarono altri turisti, questa

          volta tedeschi.
             Si misero a fare le coccole a Bob, ma non comprarono il giornale. Pazienza.
             Ero sicuro che sarei riuscito a piazzare le dieci copie e anche che, prima di sera,

          sarei  tornato  da  Sam  a  chiederne  altre.  Mi  bastò  un’ora  per  venderne  sei;  tutti
          pagavano  il  prezzo  di  copertina,  ma  ci  fu  un  signore,  piuttosto  anziano  e  molto
          elegante nel suo abito di tweed, che mi lasciò addirittura un bigliettone da cinque
          sterline. Il secondo!
             In un certo senso ero abituato a quanto stava succedendo, sapevo che prima o poi

          avrei avuto delle difficoltà e che tutto non poteva filare sempre così liscio, ma di una
          cosa però ero certo: stavo facendo un grosso passo avanti nella mia vita e questa
          volta era nella direzione giusta.

             La giornata poteva già considerarsi più che positiva, ma la bella sorpresa arrivò
          dopo qualche ora. Mi rimanevano due copie quando all’interno della stazione ci fu
          un po’ di trambusto. Improvvisamente un gruppetto di dipendenti della metropolitana
          si radunò nell’atrio. Sembravano molto impegnati a confabulare tra loro e qualcuno
          comunicava con i walkie talkie. Continuavo a pensare a quello che mi era successo:

          forse anche adesso stavano accusando ingiustamente un povero diavolo. In ogni caso,
          qualunque fosse stato il motivo di quell’agitazione, tutto tornò tranquillo appena i
          controllori se ne andarono. Fu proprio in quel momento che il bigliettaio pingue e

          sudaticcio ci vide con la coda dell’occhio seduti fuori della stazione. Puntò come un
          fulmine su di noi.
             Dicono  che  la  vendetta  è  un  piatto  che  deve  essere  servito  freddo,  così,
          contrariamente all’uomo gonfio di rabbia e con la faccia rossa come un peperone,
          rimasi calmo e immobile.

             «Ma che c*** ci fai qui?» ringhiò. «Credevo che ti avessero sbattuto in galera.
          Vattene, sciò!»
             Non dissi una parola e poi gli schiaffai sotto il naso il mio tesserino di venditore

          di Big Issue. «Io qui ci lavoro, amico», risposi gustandomi l’espressione stupita e
          furibonda sul suo faccione, «e già che ci sono ti consiglio di fare anche tu lo stesso.»
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