Page 77 - A spasso con Bob
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«No,  no,  va  benissimo»,  risposi.  «Anzi,  è  perfetto,  per  noi  sarà  un  tuffo  nel
          passato. Comincio subito.»
             Non persi tempo a insediarmi. Saranno state le dieci di mattina, un po’ prima di
          quando iniziavo di solito a suonare, ma c’era comunque un sacco di gente in giro,

          soprattutto turisti. Era una bella giornata di sole e per esperienza personale sapevo
          che  questo  influiva  sull’umore  delle  persone  e  li  metteva  in  una  buona
          predisposizione d’animo.
             Quando  ero  in  James  Street  con  la  mia  chitarra,  mi  sentivo  sempre  un  po’  a

          disagio, adesso, però, era tutta un’altra storia, perché ero autorizzato a vendere il
          giornale e nessuno poteva più cacciarmi via.
             Mi piazzai il più possibile vicino all’ingresso della metropolitana, senza tuttavia
          spingermi fin dentro l’atrio.

             Non potei trattenermi dal lanciare un’occhiata per vedere se nei paraggi ci fossero
          gli  stessi  controllori  che  mi  avevano  creato  così  tanti  problemi.  Mi  parve  di
          riconoscerne uno: il tipo grasso e sudato in divisa blu; c’era troppa calca perché
          riuscisse ad accorgersi di me ma sapevo che prima o poi ci saremmo ritrovati faccia
          a faccia. Nel frattempo incominciai a vendere le mie prime dieci copie gratuite.

             Sapevo  che  quel  posto,  nell’ottica  del  venditore  classico  di Big  Issue,  era  un
          incubo. L’ingresso e l’uscita della metro non sono esattamente il luogo ideale in cui
          la gente chiacchiera con chi vuole piazzarti una copia del suo giornale.

             Tutti hanno fretta di andare da qualche parte e se riesci a fermare una persona su
          mille puoi già ritenerti fortunato.
             Quando suonavo dall’altro lato della strada, avevo visto un discreto numero di
          venditori cercare, inutilmente, di catturare l’attenzione dei passanti, ma dentro di me
          sapevo  anche  che  non  ero  uguale  agli  altri,  perché  avevo  un’arma  segreta.  Un

          maghetto  peloso  che  aveva  già  stregato  Covent  Garden  e  che  stava  per  tessere
          nuovamente il suo incantesimo.
             Bob era seduto sul marciapiede, accanto a me, e sembrava tutto contento di poter

          osservare il mondo passargli accanto. Molte persone non si accorgevano di lui, tutte
          impegnate a parlare al cellulare e a frugare nelle tasche per cercare i biglietti, ma
          c’era sempre qualcuno che notava il mio adorabile pel di carota, come la coppia di
          turiste statunitensi che si fermò di colpo indicando Bob.
             «Wow!»  esclamò  una  delle  due  ragazze,  tirando  fuori  la  macchina  fotografica.

          «Possiamo scattare una foto?» chiese l’altra.
             «Certo, perché no?» risposi, piacevolmente sorpreso, dato che di solito nessuno
          mi chiedeva il permesso.

             «Visto che ci siete, volete acquistare anche una copia di Big Issue? Così ci date
          una mano a guadagnare i soldi per la cena di stasera.»
             «Ma certo», si affrettarono a rispondere, quasi sentendosi in colpa per non averci
          pensato prima.
             «Non è un problema se non avete soldi.  Non siete obbligate…»  Ma prima che
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