Page 72 - A spasso con Bob
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             NEI giorni che seguirono mi sentii confuso e in preda a un groviglio di emozioni.
             Da una parte ero arrabbiato per l’ingiustizia di cui ero stato vittima; mi sembrava

          di  avere  perso  la  mia  unica  fonte  di  sostentamento  per  colpa  di  qualcuno  che  ce
          l’aveva  con  me.  Allo  stesso  tempo,  però,  avevo  cominciato  a  pensare  che  forse
          dovevo considerare una benedizione quanto mi era accaduto.
             Avevo sempre saputo che non potevo andare avanti a esibirmi in strada e che non

          avrei cambiato la mia vita continuando a suonare le canzoni di Johnny Cash o degli
          Oasis agli angoli delle vie. Per uscire completamente dalla dipendenza e rafforzare
          la mia autostima non potevo contare soltanto sulla mia chitarra.
             Avevo cominciato a pensare che forse ero a una svolta, che stavo per gettarmi il

          passato alle spalle. Avevo già provato quella sensazione, ma adesso mi sembrava di
          poter finalmente afferrare l’opportunità che la vita mi stava offrendo.
             Tutto questo in un’ottica squisitamente teorica perché nella pratica la verità era
          un’altra: le mie chance erano piuttosto limitate. Come avrei fatto a guadagnarmi da
          vivere? Nessuno mi avrebbe mai dato un lavoro.

             Non perché fossi uno stupido, ovviamente non era questo il problema.
             Grazie all’esperienza di lavoro nel negozio di telefonia mobile ai tempi in cui ero
          un  ragazzo  e  vivevo  in  Australia  avevo  sviluppato  un  certo  interesse  per  la

          tecnologia ed ero abbastanza bravo con i computer. Appena potevo mi esercitavo
          con  i  portatili  dei  miei  amici  oppure  utilizzavo  le  postazioni  gratuite  presso  la
          biblioteca di zona per cercare di tenermi aggiornato. Tuttavia non avevo né referenze
          né  esperienze  professionali  in  Inghilterra  da  offrire;  se  qualcuno  poi  mi  avesse
          chiesto dove avevo trascorso gli ultimi dieci anni della mia vita, non potevo certo

          rispondere che avevo lavorato per Microsoft o per Google. Quindi avevo deciso di
          metterci una pietra sopra.
             Anche l’ipotesi di frequentare un corso di computer era da scartare: ufficialmente

          seguivo  ancora  un  programma  di  riabilitazione  per  tossici,  vivevo  in  un
          appartamento per indigenti e non avevo finito gli studi.  Non credo che avrebbero
          voluto o potuto inserirmi in un corso professionale.
             A questo bisognava aggiungere che se mi fossi messo a cercare un lavoro normale,
          e  Dio  solo  sa  che  cosa  volesse  dire  «normale»,  ero  inesorabilmente  destinato  a

          rimanere disoccupato a vita.
             Arrivai  presto  alla  conclusione  che  c’era  una  sola  alternativa  possibile  e  non
          potevo certo concedermi il lusso di perdere tempo: dovevo subito guadagnare dei

          soldi per mantenere me e Bob.
             Così un paio di giorni dopo il processo mi diressi a Covent Garden, per la prima
          volta in molti anni, senza la chitarra in spalla. Appena Bob e io raggiungemmo la
          piazza,  puntai  dritto  verso  il  luogo  in  cui  sapevo  avrei  incontrato  una  ragazza  di
          nome Sam, che era la coordinatrice di zona per Big Issue, il giornale di strada più
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