Page 72 - A spasso con Bob
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Numero 683
NEI giorni che seguirono mi sentii confuso e in preda a un groviglio di emozioni.
Da una parte ero arrabbiato per l’ingiustizia di cui ero stato vittima; mi sembrava
di avere perso la mia unica fonte di sostentamento per colpa di qualcuno che ce
l’aveva con me. Allo stesso tempo, però, avevo cominciato a pensare che forse
dovevo considerare una benedizione quanto mi era accaduto.
Avevo sempre saputo che non potevo andare avanti a esibirmi in strada e che non
avrei cambiato la mia vita continuando a suonare le canzoni di Johnny Cash o degli
Oasis agli angoli delle vie. Per uscire completamente dalla dipendenza e rafforzare
la mia autostima non potevo contare soltanto sulla mia chitarra.
Avevo cominciato a pensare che forse ero a una svolta, che stavo per gettarmi il
passato alle spalle. Avevo già provato quella sensazione, ma adesso mi sembrava di
poter finalmente afferrare l’opportunità che la vita mi stava offrendo.
Tutto questo in un’ottica squisitamente teorica perché nella pratica la verità era
un’altra: le mie chance erano piuttosto limitate. Come avrei fatto a guadagnarmi da
vivere? Nessuno mi avrebbe mai dato un lavoro.
Non perché fossi uno stupido, ovviamente non era questo il problema.
Grazie all’esperienza di lavoro nel negozio di telefonia mobile ai tempi in cui ero
un ragazzo e vivevo in Australia avevo sviluppato un certo interesse per la
tecnologia ed ero abbastanza bravo con i computer. Appena potevo mi esercitavo
con i portatili dei miei amici oppure utilizzavo le postazioni gratuite presso la
biblioteca di zona per cercare di tenermi aggiornato. Tuttavia non avevo né referenze
né esperienze professionali in Inghilterra da offrire; se qualcuno poi mi avesse
chiesto dove avevo trascorso gli ultimi dieci anni della mia vita, non potevo certo
rispondere che avevo lavorato per Microsoft o per Google. Quindi avevo deciso di
metterci una pietra sopra.
Anche l’ipotesi di frequentare un corso di computer era da scartare: ufficialmente
seguivo ancora un programma di riabilitazione per tossici, vivevo in un
appartamento per indigenti e non avevo finito gli studi. Non credo che avrebbero
voluto o potuto inserirmi in un corso professionale.
A questo bisognava aggiungere che se mi fossi messo a cercare un lavoro normale,
e Dio solo sa che cosa volesse dire «normale», ero inesorabilmente destinato a
rimanere disoccupato a vita.
Arrivai presto alla conclusione che c’era una sola alternativa possibile e non
potevo certo concedermi il lusso di perdere tempo: dovevo subito guadagnare dei
soldi per mantenere me e Bob.
Così un paio di giorni dopo il processo mi diressi a Covent Garden, per la prima
volta in molti anni, senza la chitarra in spalla. Appena Bob e io raggiungemmo la
piazza, puntai dritto verso il luogo in cui sapevo avrei incontrato una ragazza di
nome Sam, che era la coordinatrice di zona per Big Issue, il giornale di strada più