Page 64 - A spasso con Bob
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Errore di persona
DURANTE la primavera e l’estate del 2008, suonare in strada a Londra era
diventato sempre più difficile, a volte persino impossibile. Le ragioni erano diverse.
Conoscevo gente che diceva che la crisi economica riguardava soltanto le imprese e
i dipendenti. Ma non era vero. La recessione aveva colpito anche me e gli altri artisti
che si esibivano all’aperto.
Tutte le persone generose, che qualche mese prima non ci pensavano due volte a
lasciare un penny o due nella custodia della chitarra, adesso facevano fatica a darci
un’offerta. Mi raccontavano che avevano paura di perdere il lavoro e avevano tutta
la mia comprensione. Il risultato però era che dovevo restare molte più ore in strada
per guadagnare meno del solito.
Ma il problema non era questo, potevo farcela ugualmente. Il fatto era che le
autorità avevano cominciato a essere più severe con coloro che non lavoravano nelle
zone loro designate.
Non capivo perché ci fosse stato questo giro di vite, ma sapevo con certezza che
la mia vita era diventata ancora più complicata.
Molti dei Guardiani erano sempre stati tolleranti con chi non rispettava il
regolamento; forse in passato io e loro avevamo avuto qualche scambio di battute un
po’ vivace, ma alla fine tutto si era sempre risolto nel migliore dei modi. Solo che
adesso avevano iniziato a prendere misure più drastiche come confiscare le tue cose
se non ubbidivi subito. Non credo che avessero ottenuto nuovi poteri, penso
semplicemente che avessero ricevuto l’ordine di comportarsi più severamente.
Comunque, tra di loro era comparsa anche qualche faccia nuova. Uno dei nuovi
arrivati, il più aggressivo, un paio di volte aveva minacciato di portarmi via la
chitarra ed ero riuscito a dissuaderlo promettendogli che avrei suonato nella zona
che mi era stata assegnata. Per un’oretta e mezzo ero sgattaiolato dietro l’angolo e
poi ero tornato in James Street. Sembrava di giocare a nascondino, a parte il fatto
che i Guardiani riuscivano sempre a trovarmi, costringendomi ad andare via. La
situazione era diventata stressante e sapevo che il mio tempo come artista di strada
forse era scaduto. La goccia che fece traboccare il vaso si verificò un pomeriggio
del maggio di quello stesso anno.
Avevo sempre avuto problemi con il personale della metropolitana della stazione
di Covent Garden, ma adesso eravamo arrivati ai ferri corti. C’erano diversi
controllori che presidiavano l’ingresso ai treni e che mi ricoprivano di insulti.
Non mi importava delle loro offese, ormai c’ero abituato, la novità era che
avevano iniziato a farmi la guerra, una vera e propria persecuzione. Spesso
chiamavano la polizia ferroviaria e gli agenti mi cacciavano via. Come se non ce ne
fossero già abbastanza! Avevo imparato a rapportarmi con le autorità e l’unica cosa
da fare in quei casi era svignarsela, promettendo di non mettere più piede in quel
luogo. Ma appena gli agenti sparivano, tornavo al mio vecchio posto. Non c’era