Page 63 - A spasso con Bob
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aprirla prima», mi disse l’elegante signora.
Non trovai il coraggio di confessarle che non avevo abbastanza soldi per
acquistare un albero o altre decorazioni natalizie. L’unica cosa che mi ero concesso
era stato uno smilzo alberello da scrivania alimentato tramite la porta USB di una
sgangherata Xbox che avevo scovato in un negozio di seconda mano.
Dopo qualche giorno mi convinsi però che quell’anno avrei avuto anch’io un
Natale decente, perché finalmente c’era qualcosa da festeggiare: la presenza di Bob
nella mia vita.
Con il tempo mi ero così disaffezionato da arrivare a odiare quella festività.
Negli ultimi dieci anni avevo sempre trascorso il 25 dicembre in qualche centro di
accoglienza in cui preparavano il pranzo di Natale per i senzatetto. Tutto era ben
organizzato e l’atmosfera era abbastanza piacevole, ma finivo sempre per pensare a
tutto quello che mi mancava: una famiglia e una vita normale. Quella festa mi
ricordava come fossi riuscito a rovinarmi la vita con le mie stesse mani.
In un paio di occasioni ero rimasto solo, cercando di dimenticare che la mia
famiglia, o parte di essa, era dall’altra parte dell’Oceano. Una, due volte al
massimo, ero anche andato a casa da mio padre con il quale ogni tanto scambiavo
qualche telefonata. In quell’occasione mi aveva invitato a festeggiare il Natale con
lui e la sua famiglia. Ma non era stata un’esperienza esaltante: lui non aveva una
grande opinione di me, e come dargli torto, non ero certo un figlio di cui si poteva
andare fieri. Lo avevo ringraziato per il buon pranzo e soprattutto per quel poco di
compagnia, ma poi non avevamo più affrontato l’argomento e il Natale successivo
ognuno era rimasto a casa propria.
Quell’anno però sarebbe stato diverso. La sera della vigilia invitai Belle per un
brindisi e per il giorno dopo feci una pazzia e comprai del tacchino ripieno già
pronto. Per Bob acquistai la sua pappa preferita a base di carne di pollo.
La mattina del 25 ci alzammo presto e uscimmo per una passeggiatina. In strada
c’erano altre famiglie che vivevano nel condominio e che presumibilmente si
recavano a far visita ad amici e parenti.
Un volta tornati nell’appartamento, diedi a Bob la sua calza di Natale. L’aveva già
notata qualche giorno prima e aveva intuito che si trattava di un regalo per lui. La
svuotai lentamente, tirando fuori un dono alla volta: c’erano varie leccornie,
crocchette, palline e giocattolini di gomma morbida con dentro erba gatta. A Bob
quel regalo piacque moltissimo e si tuffò nei suoi nuovi balocchi, eccitato come
qualsiasi altro bimbo la mattina di Natale. Era uno spettacolo guardarlo.
Preparai la tavola, mangiammo abbastanza presto, tirai fuori due cappellini
colorati di cartone, uno per ciascuno, e li indossammo. Infine mi sprofondai nel
divano con una lattina di birra, a guardare la televisione.
Fu il Natale più bello che avessi avuto da anni.