Page 58 - A spasso con Bob
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rallentatore. Ero sul punto di rinunciare, ormai l’avevo perduto.
Circa duecento metri più in là sulla Regent, c’era un incrocio e una strada laterale
che portava a Piccadilly. Da lì si potevano imboccare almeno dieci direzioni
diverse. Se si fosse spinto troppo avanti, quasi sicuramente si sarebbe perso.
Stavo per tornare indietro, quando andai quasi a sbattere contro la vetrina di un
negozio di abbigliamento. All’interno c’erano due commesse che avevano una strana
espressione e continuavano a voltarsi, guardando in fondo al negozio.
Appena mi affacciai sulla soglia e pronunciai la parola «gatto», le due giovani
sorrisero.
«È un maschio rosso?» chiese una delle due.
«Sì, con il guinzaglio ancora attaccato al collarino», risposi con la voce che mi
tremava.
«È qui da noi», esclamarono in coro, indicandomi un punto del negozio e
facendomi cenno di entrare e di chiudermi la porta alle spalle.
«Eravamo sicure che il padrone lo stesse cercando, per via del guinzaglio…»
Mi condussero lungo una fila di armadi aperti pieni di abiti costosi, notai il prezzo
riportato su alcuni cartellini, era più di quanto riuscissi a guadagnare in un mese.
Poi, in uno dei guardaroba, raggomitolato sul fondo, lo vidi.
Negli ultimi terribili minuti, mentre entravo e uscivo dai negozi come un
forsennato, mi ero anche chiesto se per caso non avesse proprio voluto fuggire da
me. Forse ne ha abbastanza di questa vita, forse ne ha abbastanza di me…
Mi avvicinai a lui facendo molta attenzione e poi, con un filo di voce, gli
sussurrai: «Ciao, Bob, sono io». Una parte di me aveva paura che facesse un balzo e
scappasse via, ma i miei timori svanirono nel momento in cui Bob mi saltò in
braccio e cominciò a fare le fusa, strofinando il muso contro il mio petto.
«Mi hai fatto prendere uno spavento», gli dissi carezzandolo, «ho temuto di averti
perso per sempre.»
Sollevai lo sguardo e notai che le due commesse si erano avvicinate e ci
osservavano. Una delle due aveva gli occhi lucidi. «Sono così contenta che l’abbia
ritrovato», commentò e, dopo essersi inginocchiata per accarezzare Bob sotto il
mento, aggiunse: «È proprio un bel micetto. Ci stavamo chiedendo che cosa
avremmo potuto fare se nessuno si fosse presentato in negozio prima della chiusura».
Chiacchierammo per qualche minuto mentre la collega chiudeva la cassa e
iniziava a raccogliere le sue cose.
«Ciao piccolo, è stato un piacere», lo salutarono quasi in coro le due commesse
guardandoci uscire dal negozio. Ci tuffammo ancora una volta nella calca di
Piccadilly Circus, ma questa volta Bob era al sicuro, abbarbicato sopra la mia
spalla.
Quando arrivammo davanti al Ripley’s scoprii che la chitarra e tutto il resto erano
ancora lì, dove li avevo lasciati. Forse qualcuno della sicurezza aveva tenuto
d’occhio il mio strumento, o magari era stato un agente della polizia municipale.