Page 56 - A spasso con Bob
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Con  mio  sollievo,  dopo  un  po’  Bob  si  calmò,  sembrava  essersi  dimenticato  di
          quell’uomo a qualche metro da noi, tutto indaffarato a far pubblicità al museo.
             Avevo iniziato a cantare Ring of Fire di Johnny Cash quando, senza una ragione
          precisa,  improvvisamente  ci  raggiunse,  il  dito  puntato  su  Bob  come  se  volesse

          accarezzarlo.
             La reazione di Bob fu immediata: fece un balzo e fuggì in direzione della folla,
          trascinandosi  dietro  il  guinzaglio.  Prima  che  potessi  rendermi  conto  di  cosa  era
          successo, era scomparso in mezzo alla calca di persone che spingevano all’ingresso

          della metropolitana.
             «Oh, merda», esclamai con il cuore in gola. «È scappato. L’ho perso.»
             Reagii  d’istinto  e  gli  corsi  dietro,  mollando  tutto,  chitarra  compresa.  Dello
          strumento non mi importava, avrei potuto acquistarne un altro ovunque, l’unica cosa

          che m’interessava era il mio amico pel di carota.
             Mi  ritrovai  in  mezzo  a  un  mare  di  gente:  impiegati  in  giacca  e  cravatta  che
          tornavano a casa dopo la giornata lavorativa, festaioli che iniziavano di buon’ora la
          nottata e ondate di turisti con gli zaini in spalla o il naso appiccicato sulla piantina
          della  città,  tutti  eccitati  all’idea  di  trovarsi  nel  cuore  pulsante  di  Londra.  Per

          raggiungere  l’entrata  della  metropolitana  dovetti  farmi  largo  a  forza  tra  la  folla,
          andai inevitabilmente a sbattere contro un paio di persone e per poco non travolsi
          una signora.

             Era comunque impossibile vedere qualcosa attraverso il muro di gente che mi si
          parava  davanti  e  solo  all’interno  dell’atrio,  quando  finalmente  raggiunsi  il  fondo
          della scalinata, la folla cominciò a diradarsi e riuscii a guardarmi attorno.
             Per avere una buona visione all’altezza del pavimento, mi inginocchiai attirando
          così l’attenzione dei passanti. Ma non mi importava se la gente mi guardava storto.

          «Bob, Bob, amico mio dove sei?» cominciai a gridare, ma era inutile, la mia voce si
          perdeva nel rumore della stazione.
             Dovevo  prendere  una  decisione:  scegliere  una  direzione  e  mettermi  subito  a

          cercarlo. Dovevo correre ai cancelli che consentivano l’accesso alle scale mobili e
          precipitarmi giù ai binari? O era meglio andare verso le altre uscite? E quale?
             Qualcosa mi suggeriva che Bob non sarebbe mai sceso in metropolitana, non lo
          avevamo mai fatto insieme, e poi ero quasi certo che si sarebbe spaventato davanti
          alla scala mobile…

             Non  restava  che  andare  verso  le  uscite  che  conducevano  al  lato  opposto  della
          piazza. Dopo pochi minuti vidi con la coda dell’occhio una macchia rossastra sopra
          la rampa di scale che portava all’esterno. Aguzzando la vista scorsi il guinzaglio che

          penzolava sui gradini.
             «Bob, Bob», urlai con tutto il fiato che avevo nei polmoni mentre cercavo di farmi
          largo tra la folla. Mi muovevo in senso opposto rispetto a loro e ovviamente ero in
          grande difficoltà.
             «Fermatelo! Mettete un piede sul guinzaglio!» continuavo a strillare e sullo sfondo
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