Page 57 - A spasso con Bob
P. 57

delle luci della sera mi sembrava di vederlo ancora in cima alla scala.

             Niente. Nessuno mi dava retta. Nessuno mi aiutava.
             Poi  Bob  sparì  dalla  mia  visuale.  Doveva  essere  ormai  all’aperto,  alla  fine  di
          Regent Street.

             Fui  sopraffatto  da  milioni  di  pensieri.  E  se  si  è  messo  a  correre  in  mezzo  al
          traffico di Piccadilly? E se qualcuno l’ha visto e l’ha preso? Quando finalmente uscii
          in strada, ero in un tale stato emotivo da trattenere a stento le lacrime, convinto che
          non lo avrei più rivisto.
             Sapevo  che  non  era  colpa  mia,  ma  stavo  male  lo  stesso.  Accidenti,  mi

          rimproveravo, perché non ho fissato il guinzaglio allo zaino o alla cintura? Perché
          non  ho  cambiato  posto  quando  mi  sono  accorto  che  quel  tizio  con  il  costume
          gonfiabile lo impauriva?

             Ancora una volta dovevo decidere alla svelta.
             Forse Bob aveva svoltato a sinistra verso Piccadilly, o magari era entrato in quel
          grande magazzino poco più avanti.
             Mi affidai ancora una volta all’istinto e decisi che doveva essere andato dritto,
          correndo sull’ampio marciapiede di Regent Street.

             Cominciai a risalire la via chiedendo ai passanti se per caso avessero visto un
          gatto  rosso.  Dovevo  sembrare  un  pazzo  perché  alcuni  mi  lanciavano  occhiate  di
          disapprovazione e altri addirittura si scansavano come se fossi un rapinatore armato

          in preda a un attacco di follia.
             Per fortuna, però, c’era anche chi reagiva diversamente.
             Dopo  una  trentina  di  metri  fermai  una  ragazza  con  una  busta  di  plastica  di  un
          negozio di Oxford Street. Doveva aver percorso la via in senso opposto e perciò le
          chiesi se avesse visto un gatto dal pelo rosso.

             «Sì,  sì»,  si  affrettò  a  rispondermi.  «L’ho  visto,  trotterellava  a  zigzag  sul
          marciapiede  e  si  trascinava  dietro  il  guinzaglio.  Un  tizio  ha  cercato  di  fermarlo,
          mettendo un piede sul laccio, ma lui è stato più veloce ed è riuscito a scappare.»

             Fui sopraffatto dalla gioia al punto che avrei baciato la ragazza.  Era  Bob.  Non
          c’erano dubbi. Ma la felicità durò poco e un attimo dopo riprecipitai nello sconforto.
          Perché quel tizio aveva cercato di prenderlo? Che cosa aveva in mente? E dov’era il
          mio amato gatto? Forse si era nascosto in un angolo, paralizzato dalla paura, e io non
          sarei  mai  più  riuscito  a  trovarlo.  Con  tutti  questi  nuovi  orribili  pensieri  in  testa

          proseguii  lungo  Regent  Street  affacciandomi  a  ogni  negozio  per  chiedere  se
          l’avessero visto. Alcuni commessi si spaventavano vedendomi, uno spilungone con i
          capelli lunghi neri e la faccia bianca come un cencio e arretravano senza rispondere,

          altri mi lanciavano occhiate di disprezzo, scrollavano le spalle e scuotevano la testa.
          Sapevo a cosa pensavano: che ero un drogato che si era appena bucato.
             Dopo  sei  o  sette  negozi  il  mio  stato  d’animo  cambiò  ancora  e  dallo  sconforto
          passai  alla  rassegnazione.  Non  riuscivo  a  capire  quanto  tempo  fosse  passato  da
          quando Bob era fuggito. I minuti scorrevano lentissimi, tutto sembrava svolgersi al
   52   53   54   55   56   57   58   59   60   61   62