Page 52 - A spasso con Bob
P. 52

Dal mio aspetto doveva aver capito che non navigavo in buone acque perché si
          affrettò  ad  aggiungere:  «Se  vuole  può  anche  pagare  a  rate.  Due  sterline  al  mese
          potrebbero andare?»
             «Perfetto», risposi piacevolmente stupito. «Procediamo pure.»

             L’assistente visitò Bob per assicurarsi che fosse in buone condizioni di salute. Era
          in ottima forma, snello e atletico, con un bel pelo lucente dopo la muta invernale. Poi
          ci  accompagnò  dentro  la  sala  operatoria  dove  il  chirurgo  ci  stava  aspettando.  Mi
          trovai di fronte un giovane uomo di trent’anni al massimo. Mi salutò, scambiò due

          parole con la sua assistente e poi cominciò a prepararsi per l’intervento. Io rimasi a
          guardarli  in  silenzio.  L’infermiera  prese  dei  fogli  mentre  il  dottore  tirò  fuori  la
          siringa e l’ago per iniettare il microchip.
             Nel vedere lo spessore dell’ago mi si gelò il sangue; era più grosso di quanto mi

          fossi immaginato, ma ovviamente non poteva essere diversamente perché il sensore
          elettronico aveva le dimensioni di un chicco di riso.
             A  Bob  la  situazione  non  piaceva  affatto…  E  come  potevo  biasimarlo!
          L’infermiera e io lo tenevamo fermo, con la testa girata dalla parte opposta rispetto
          al  veterinario  per  impedire  che  riuscisse  a  vedere  quello  che  il  dottore  stava

          facendo.  Ma il mio gatto non era stupido e aveva capito che stava per succedere
          qualcosa di poco piacevole. Era agitato e si divincolava per liberarsi. «Andrà tutto
          bene»,  gli  ripetevo  accarezzandogli  il  pancino  e  le  zampe  posteriori  mentre  il

          veterinario si apprestava a intervenire.
             Appena l’ago penetrò nella carne, Bob cacciò un urlo che mi trafisse il petto come
          una pugnalata e, quando cominciò a tremare, mi si fermò il respiro in gola.
             Per fortuna il dolore passò subito e cominciò a calmarsi. Gli diedi uno snack che
          avevo nello zaino, gli accarezzai la testa con dolcezza e poi mi avvicinai al tavolo

          dove mi aspettava l’assistente.
             La  donna  mi  mostrò  dei  formulari  e  notando  il  mio  sguardo  smarrito  aggiunse:
          «Abbiamo bisogno di alcuni dati personali per inserirla nel nostro database. Nome,

          cognome, indirizzo, età, numero di telefono, insomma le solite cose…»
             Mentre l’infermiera compilava le carte con le informazioni necessarie, a un tratto
          un pensiero mi passò per la testa: Questo significa che ora sono ufficialmente il suo
          padrone?
             Mi  rivolsi  alla  ragazza.  «Adesso,  legalmente  parlando,  sono  registrato  come  il

          proprietario del mio gatto?»
             L’infermiera sollevò lo sguardo dalle carte e mi rispose: «Sì, certo.  Per lei va
          bene?»

             «Benissimo», risposi, indietreggiando per raggiungere Bob. Adesso era molto più
          calmo e lo accarezzai sulla fronte, facendo molta attenzione a non toccare la zona del
          collo perché sicuramente mi avrebbe graffiato.
             «Hai sentito, amico mio?» gli bisbigliai. «È ufficiale. Adesso tu e io siamo una
          famiglia.»
   47   48   49   50   51   52   53   54   55   56   57