Page 48 - A spasso con Bob
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non aveva cambiato la situazione.

             Mentre  tornavamo  in  autobus  a  Tottenham,  il  mio  amico  pel  di  carota  mi  si
          rannicchiò  contro.  «Tu  e  io  soli  contro  il  mondo»,  gli  sussurrai  accarezzandolo,
          «come i due moschettieri». Bob mi strofinò il muso contro il petto e cominciò a fare

          le fusa.
             La dura realtà era che Londra brulicava di soggetti da cui dovevamo guardarci.
          Per esempio, in strada c’erano sempre molti cani che ovviamente si interessavano al
          mio  gatto.  Per  essere  sinceri,  nella  maggioranza  dei  casi  i  loro  padroni  erano
          abbastanza  attenti,  e  se  il  loro  animale  si  avvicinava,  lo  strattonavano  e  lo

          richiamavano, ma ce n’era sempre qualcuno che si spingeva troppo avanti per i miei
          gusti.
             Per fortuna Bob sembrava quasi non accorgersi di loro, li ignorava proprio e, se

          superavano il limite di sicurezza, li fissava negli occhi finché loro non abbassavano
          lo sguardo e si defilavano con la coda tra le gambe. Insomma sapeva difendersi e me
          lo dimostrò una settimana più tardi.
             Un pomeriggio, mentre eravamo seduti in Neal Street, vidi avvicinarsi un uomo
          con un bull terrier al guinzaglio. Questa razza è molto amata dagli hooligan e il tipo

          che stava arrivando sembrava proprio essere uno di loro: testa rasata, una vecchia
          tuta da ginnastica sdrucita, una birra in mano. Dal modo in cui sbandava da un lato
          all’altro del marciapiede, c’era da scommettere che fosse già sbronzo, ed erano solo

          le  quattro  del  pomeriggio.  Il  cane,  appena  ci  vide,  cominciò  ad  agitarsi,  ma  non
          credo avesse cattive intenzioni, sembrava più interessato ai biscottini nella ciotola di
          Bob. Si avvicinò con il suo grosso naso e… quello che accadde dopo superò ogni
          mia possibile immaginazione.
             Mentre il cagnone stava già sognando il suo spuntino, Bob sollevò appena la testa,

          lo fissò con quei suoi occhietti intelligenti, inarcò leggermente la schiena e poi gli
          sferrò  una  zampata  direttamente  sul  naso.  Era  un’unghiata  ben  assestata,  veloce  e
          precisa. Muhammad Ali sarebbe stato fiero del mio amico.

             Il  cane  incassò  il  colpo  e  indietreggiò  scioccato,  gli  occhi  bassi.  Anch’io  ero
          sbalordito da quanto avevo appena visto e scoppiai a ridere.
             Il padrone dalla testa rasata guardò prima me e poi la bestia ma per via dell’alcol
          che  aveva  in  corpo  non  riusciva  bene  a  capire  la  situazione.  Colpì  con  il  pugno
          chiuso la testa dell’animale e poi tirò forte il guinzaglio per andarsene. Penso che si

          vergognasse che il suo cane da combattimento fosse stato messo KO da un gattino
          indifeso.
             Bob osservò la scenetta con un certo distacco e alla fine tornò ad acciambellarsi

          ai miei piedi, come se avesse appena scacciato un insetto fastidioso.
             Quanto era successo fu per me illuminante. Il mio amico non aveva paura e sapeva
          badare a se stesso piuttosto bene. Forse aveva imparato da piccolo crescendo in un
          ambiente  dove  c’erano  molti  cani?  Ancora  una  volta  mi  ritrovai  a  pensare  quali
          avventure avesse vissuto prima di incontrarmi e diventare il secondo moschettiere.
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