Page 45 - A spasso con Bob
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Non  è  facile  quando  lavori  in  strada.  La  gente  non  vuole  darti  una  possibilità.
          Prima  di  Bob,  se  mi  avvicinavo  a  qualcuno,  mi  rispondevano  un:  «No,  grazie»,
          ancora prima che io riuscissi a dire: «Ciao».
             Succedeva anche se volevo solo chiedere l’ora. Non avevo ancora aperto bocca,

          che  già  partiva:  «Non  ho  spiccioli,  mi  dispiace».  Andava  sempre  a  finire  così.
          Nessuno mi concedeva un’opportunità; la gente non vuole capire che anch’io lavoro,
          che non sono uno scroccone che vive a sbafo chiedendo l’elemosina. Solo perché
          non indosso giacca e cravatta, non timbro il cartellino e non ho una busta paga, mi

          scambiano per un parassita, ma non lo sono.
             Avere Bob con me mi dava la possibilità di interagire con il prossimo. Potevo
          raccontare di come c’eravamo conosciuti e anche spiegare che suonare in strada era
          il mio lavoro, che i soldi mi servivano per pagare l’affitto, le bollette, il cibo per me

          e per Bob. Finalmente la gente aveva cominciato a vedermi sotto una luce diversa.
             Il gatto è un animale notoriamente molto esigente quando si tratta di concedere la
          sua fiducia; se decide che il padrone non la merita, semplicemente se ne va e ne
          cerca un altro. Vedermi con lui mi rendeva più accettabile agli occhi degli altri, mi
          faceva apparire più umano, soprattutto dopo tutte le esperienze disumane che avevo

          vissuto.
             In un certo senso Bob mi stava aiutando a ritrovare un’identità, grazie a lui stavo
          tornando a essere una persona.
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