Page 42 - A spasso con Bob
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davanti.  Camminava  sottobraccio  a  una  bionda  veramente  notevole,  forse  una

          modella.
             «Oh, guarda quant’è tenero quel gattino», esclamò la ragazza bloccandosi di colpo
          e  strattonando  il  compagno  perché  si  fermasse  a  sua  volta.  L’uomo  ci  lanciò

          un’occhiata distratta e fece un gesto eloquente con la mano: E a me che me ne frega?
             In  quel  preciso  momento,  Bob  inarcò  leggermente  la  schiena  e  mi  si  avvicinò
          leggermente. Fu un movimento quasi impercettibile di cui però mi resi conto e che mi
          diede da riflettere. Forse quel tizio gli ricordava qualcuno conosciuto in passato?
             La sua vita era ancora avvolta nel mistero e potevo solo fare delle supposizioni su

          ciò che aveva vissuto prima di incontrarmi.
             Quel  giorno  mi  sentivo  particolarmente  a  mio  agio  a  Covent  Garden.  Il  giorno
          prima  la  presenza  di  Bob  mi  aveva  rallegrato,  ma  anche  causato  un  leggero  stato

          d’ansia. Temevo che qualche balordo potesse prenderlo e scappare.
             Oggi,  però  ero  rilassato,  mi  sentivo  diverso,  era  come  se  fossimo  entrambi  al
          sicuro, come se appartenessimo a quel luogo.
             Mentre continuavo a suonare, piovevano monete nella custodia.
             «Ehi, mi sto proprio divertendo», esclamai ed erano anni che non pronunciavo più

          una frase simile.
             Tre ore più tardi decidemmo di tornare a casa e il mio zaino, ancora una volta,
          tintinnò  allegramente  quando  me  lo  caricai  in  spalla:  anche  quella  sera  avevamo

          raccolto un bel gruzzolo.
             Neanche una singola sterlina sarebbe stata spesa in cene da gourmet, avevo infatti
          in mente di acquistare qualcosa di molto più utile per Bob.
             Il  giorno  dopo,  il  cielo  era  plumbeo  e  avevano  previsto  pioggia  nel  tardo
          pomeriggio.  «Oggi  non  si  lavora,  si  va  a  fare  shopping.  Se  tu  e  io  dobbiamo

          passeggiare  insieme,  be’,  allora  non  posso  più  continuare  a  usare  questo  vecchio
          laccio», dissi a Bob mentre uscivamo di casa.
             Prendemmo al volo l’autobus per Archway perché sapevo che in quel quartiere

          c’era una succursale della Protezione animali, con annesso un negozio.
             Il mio amico a quattro zampe capì immediatamente che quello non era lo stesso
          tragitto che avevamo percorso per due giorni. Ogni tanto girava verso di me il suo
          bel muso e mi guardava come per chiedermi: Dove mi porti? Ma non era agitato,
          solo incuriosito.

             Il  negozio  era  spazioso,  la  merce  in  bella  vista  sugli  scaffali  e  c’era  un’ampia
          scelta  di  articoli:  giocattolini,  libri,  collarini  e  molto  altro,  compreso  opuscoli
          informativi  gratuiti  su  ogni  aspetto  della  cura  del  gatto,  dall’identificazione

          elettronica con microchip alla toxoplasmosi, dai consigli su un’alimentazione sana a
          quelli sulla sterilizzazione. Ne presi un paio.
             Dato che eravamo gli unici clienti – uno spilungone con il suo gatto sulla spalla –
          le due responsabili del negozio ci si avvicinarono sorridendo.
             «È proprio bello il suo micio», disse una e, mentre lo accarezzava, sentivo come
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