Page 39 - A spasso con Bob
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Per fortuna la spazzatura doveva essere stata raccolta da poco, perché non c’era
          sporcizia per terra e Bob avrebbe dovuto accontentarsi delle briciole. Rassicurato,
          decisi di andare al lavoro senza di lui; sapevo che avrebbe trovato il modo di entrare
          nel palazzo, soprattutto adesso che i vicini avevano imparato a riconoscerlo. Un paio

          di inquilini si fermavano sempre ad accarezzarlo e la signora che viveva sotto di me
          gli dava sempre un croccantino o qualche altra leccornia.
             «È  giusto  così»,  commentai  ad  altra  voce  mentre  imboccavo  la  via  principale.
          «Dopotutto Bob mi ha fatto un grosso piacere ieri sera, ma non voglio chiedergli di

          venire con me tutti i giorni. È mio amico, non è un socio in affari!»
             Il  cielo  era  grigio  e  minaccioso;  se  avesse  piovuto,  non  avrebbe  avuto  senso
          suonare nel centro di Londra perché la gente tirava dritto e non si fermava.  In tal
          caso, torno indietro e magari vado a fare compere con Bob, decisi. Ha bisogno di un

          collarino e di un guinzaglio.
             Avevo  percorso  sì  e  no  duecento  metri  lungo  Tottenham  High  Road  quando
          avvertii  alle  mie  spalle  una  presenza,  mi  voltai  e  riconobbi  una  piccola  sagoma
          familiare che camminava con passo felpato sul marciapiede.
             «Ah,  a  quanto  pare  hai  cambiato  idea»,  esclamai  mentre  aspettavo  che  mi

          raggiungesse  per  sistemargli  al  collo  il  laccio  delle  scarpe  che  tenevo  sempre  in
          tasca.
             Bob piegò di lato la testa e mi lanciò un’occhiata di sufficienza come a dirmi: Eh,

          già. Altrimenti perché sarei qui?
             Le vie del mio quartiere sono diverse da quelle di Covent Garden, ma anche qui, a
          Tottenham, si ripeté la stessa scenetta del giorno prima.
             La gente ci guardava: qualcuno scuoteva la testa e forse pensava che non dovevo
          avere  tutte  le  rotelle  a  posto,  visto  che  tenevo  un  gatto  legato  con  una  stringa  da

          scarpe, ma la maggioranza sorrideva. Una signora di colore appoggiò a terra le borse
          della spesa e ci regalò un sorriso grande come una casa.
             «Siete proprio un bel quadretto», mi disse. Nessuno, da quando mi ero trasferito a

          Tottenham, mi aveva mai rivolto la parola. Era strano e divertente allo stesso tempo.
          Sembrava  quasi  che  mi  fosse  stato  tolto  di  dosso  il  mantello  dell’invisibilità  di
          Harry Potter.
             All’attraversamento  pedonale,  il  mio  amico  pel  di  carota  mi  fece  capire  che
          voleva essere preso in spalla e un attimo dopo eravamo già sull’autobus: on the road

          again… e ancora insieme.
             Avevo ragione a credere che avrebbe piovuto. Di lì a poco, la pioggia cominciò a
          scrosciare, formando strani disegni sui finestrini dell’autobus.  Bob teneva il muso

          incollato al vetro e guardava all’esterno il mare variopinto di ombrelli aperti e la
          gente  che  correva  per  cercare  riparo  dall’acquazzone.  Per  fortuna,  quando
          raggiungemmo il centro, la pioggia era cessata e, nonostante il brutto tempo, le strade
          erano molto affollate.
             «Stiamo  qui  per  un  paio  di  ore,  ma  se  ricomincia  a  piovere,  torniamo  a  casa,
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