Page 60 - A spasso con Bob
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                                                 La magia del Natale
             NEL periodo successivo all’incidente di Piccadilly, Bob e io ci ritrovammo così
          uniti da sembrare due naufraghi in mezzo al mare aggrappati a un unico salvagente.

          Evidentemente portavamo ancora i segni di quanto ci era successo.
             Avevo pensato molto alla nostra amicizia e mi ero chiesto, per l’ennesima volta,
          se con quella fuga non avesse voluto creare un certo distacco. Ma c’era anche un
          altro pensiero che mi tormentava: che cosa avrei fatto se fosse scappato ancora? Non

          lo avrei costretto a vivere con me se non voleva; mi sarei rivolto a un’associazione
          per  la  difesa  degli  animali  e  l’avrei  lasciato  libero.  Non  volevo  essere  il  suo
          carceriere, Bob era un amico meraviglioso e si meritava molto, molto di più.
             Per  fortuna  non  successe  nulla  di  tutto  questo  e  riprendemmo  la  nostra  routine

          quotidiana.
             A onor del vero un paio di mattine si rifiutò di accompagnarmi, nascondendosi
          sotto il divano, come faceva quando voleva comunicarmi la sua intenzione di restare
          a casa, ma furono episodi rari. Anzi, avevo notato che era più rilassato e sembrava
          non avere più tanta paura della folla, ciononostante tenevo il guinzaglio attaccato alla

          cintura, così eravamo sempre uniti.  Il nostro legame era stato messo alla prova e
          avevamo superato ogni ostacolo: adesso eravamo veramente una famiglia.
             Ovviamente la nostra vita non era tutta rose e fiori: quando lavori in strada devi

          essere pronto a ogni imprevisto. Una volta, per esempio, eravamo in Covent Garden
          e sulla piazza si stavano esibendo degli artisti su trampoli altissimi.
             Bob  non  aveva  mai  visto  niente  di  simile  e,  quando  quegli  esseri  enormi  ci  si
          avvicinarono, mi si rannicchiò contro. Io cercai di concentrarmi sul pezzo che stavo
          suonando, ma fui costretto a fermarmi un paio di volte perché la sua coda continuava

          a battere contro la chitarra.
             «Smettila»,  lo  rimproverai,  scusandomi  con  due  turisti  che  si  erano  fermati  ad
          ascoltarmi.

             Ovviamente  il  pubblico  si  divertì  convinto  che  Bob  e  io  fossimo  d’accordo.
          Magari avessi potuto comandarlo a bacchetta così facilmente!
             Appena i trampolieri se ne furono andati, tutto tornò normale e Bob riprese la sua
          postazione abituale.
             Ero diventato la sua rete di protezione e la cosa mi rendeva molto orgoglioso.

             Alla fine del 2007, con l’avvicinarsi del Natale e anche con la conclusione del
          primo anno insieme, la nostra vita aveva ormai raggiunto una piacevole routine. Ogni
          mattina mi alzavo e lo trovavo in cucina che mi aspettava davanti alla sua ciotola.

          Spazzolava la sua colazione, poi si dedicava alle sue abluzioni alle zampe e al muso.
          A dire il vero, gli piaceva molto di più fare la sua toeletta all’aperto e, sapendolo, lo
          portavo  spesso  giù  in  strada  dove  correva  nel  giardinetto  per  i  bisogni.  Qualche
          volta lo lasciavo solo, più che certo che avrebbe trovato il modo di rientrare nello
          stabile.
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