Page 28 - A spasso con Bob
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                                                   «Ticket to Ride»
             LE due settimane di antibiotici stavano terminando e non potevo più rimandare la
          decisione  di  restituire  Bob  al  luogo  da  cui  proveniva.  È  un  gatto  nato  libero,  mi

          dicevo, la sua vita è in strada e forse è proprio lì che vuole tornare.
             Le  sue  condizioni  generali  di  salute  miglioravano  di  giorno  in  giorno  e  aveva
          anche messo su peso dalla prima volta che l’avevo visto.
             Così,  due  giorni  dopo  la  fine  della  cura,  quando  ormai  si  era  completamente

          ripreso  dall’operazione,  lo  portai  giù  nell’ingresso  del  caseggiato,  percorremmo
          insieme il vialetto d’accesso e gli indicai la strada.
             Lui rimase fermo sul marciapiede, guardandosi intorno, poi si voltò verso di me e
          mi fissò con uno sguardo perplesso come a dirmi: Che cosa vuoi che faccia, adesso?

             «Va’, va’ pure, sei libero», gli ripetevo accompagnando le mie parole con il gesto
          della mano.
             Bob non si muoveva e anch’io restavo immobile con gli occhi incollati ai suoi.
          Poi, d’un tratto, si allontanò da me con passo felpato, ma non nella direzione che gli
          avevo indicato, bensì verso il giardinetto in cui di solito faceva i suoi bisogni. Scavò

          una buca nel terreno e la ricoprì con cura, poi tornò indietro trotterellando e questa
          volta l’espressione del muso era abbastanza eloquente: Ecco, ho fatto che quello che
          volevi. Non è così?

             Fu allora, per la prima volta, che un pensiero mi si conficcò in testa, come un
          chiodo fisso.
             «Credevo ti sarebbe piaciuto fare un giretto», gli sussurrai.
             Da una parte ero contento di non essere più solo perché quel quattrozampe era
          veramente speciale, ma dall’altra mi rendevo conto che la nostra coabitazione non

          poteva durare a lungo.  Stavo ancora lottando per mettere ordine nella mia vita, il
          programma  di  disintossicazione  non  era  ancora  finito  e  mi  avrebbe  impegnato
          nell’immediato futuro. Come accidenti potevo prendermi cura di un gatto, anche se

          intelligente e autonomo come Bob? No, non era giusto, per nessuno dei due.
             Quindi, con la morte nel cuore, decisi che, quando ero fuori, lui non sarebbe più
          rimasto  in  casa  da  solo.  Saremmo  usciti  insieme  la  mattina  e  l’avrei  lasciato
          scorrazzare libero nei giardinetti.
             L’amore non fa sconti a nessuno, continuavo a ripetermi. Bob, però, la pensava

          diversamente.
             La  prima  volta  che  misi  in  pratica  le  mie  intenzioni,  mi  lanciò  un’occhiataccia
          come a dirmi: Traditore che non sei altro. Mentre mi allontanavo con la chitarra in

          spalla, Bob mi seguiva a distanza, zigzagava sul marciapiede, mi pedinava come una
          spia  che  non  vuole  essere  vista.  Ma  non  vedere  quella  palla  di  pelo  rosso  che
          trotterellava  e  si  muoveva  furtivo  da  una  parte  all’altra  del  marciapiede  era
          praticamente impossibile.
             Tutte le volte che si avvicinava, mi fermavo e gli facevo segno con le mani di
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