Page 26 - A spasso con Bob
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l’accompagno da lui.»

             Era così strano, da anni non mi preoccupavo più così tanto per qualcosa o per
          qualcuno.
             Entrai nella sala operatoria e vidi Bob sdraiato in una bella gabbietta calda.

             «Ciao, amico, come va?» gli chiesi con voce commossa.
             Era ancora intontito e mezzo addormentato, quindi non mi riconobbe subito. Ma
          poi si drizzò sulle zampette e cominciò a graffiare con le unghie contro la porticina,
          quasi volesse dire: Fatemi uscire subito di qui.
             L’infermiera mi consegnò il foglio di dimissione da firmare, poi si concentrò su

          Bob per assicurarsi che stesse bene.
             Era  veramente  gentile  e  molto  premurosa,  il  che  mi  fece  riconciliare  con  la
          categoria dei veterinari. Mi indicò dove erano state praticate le incisioni e aggiunse:

          «Nelle prossime quarantotto ore la zona potrebbe gonfiarsi e anche fare male, ma è
          normale.  È  comunque  sempre  meglio  controllare  che  non  ci  sia  del  pus.  Se  nota
          qualcosa  di  anormale,  ci  dia  un  colpo  di  telefono  oppure  passi  di  qua  che  lo
          visitiamo. Sono sicura che andrà tutto bene».
             «Per quanto tempo resterà intontito?» le chiesi.

             «Forse ci vorranno due giorni prima che ritorni arzillo e pimpante come prima, ma
          dipende dai soggetti. Alcuni si riprendono subito, altri hanno bisogno di più tempo
          per smaltire l’anestesia. Ma vedrà che dopodomani starà benissimo», e poi aggiunse:

          «Nelle  prossime  ventiquattro  ore  sarà  un  po’  inappetente,  ma  se  lo  vede  troppo
          mogio  o  apatico  non  si  faccia  scrupoli  e  ce  lo  porti  per  un  controllo.  Capita
          raramente, ma durante l’intervento possono contrarre qualche infezione».
             Avevo portato con me il contenitore verde di plastica e stavo per prendere Bob in
          braccio quando la ragazza mi fece cenno di fermarmi.

             «Aspetti», mi disse, «credo di avere qualcosa di più comodo.»
             Uscì dalla stanza e dopo un paio di minuti ricomparve con un delizioso trasportino
          azzurro.

             «Oh, ma non è mio», esclamai.
             «Non si preoccupi, ne abbiamo parecchi. Lo prenda, ce lo restituirà la prima volta
          che passa da queste parti.»
             «Davvero? Grazie mille.»
             Chissà di chi era quella gabbietta, forse qualcuno l’aveva dimenticata o forse il

          proprietario quando era tornato a recuperare il suo gatto, aveva scoperto che non
          serviva più. Decisi che era meglio non pensarci.
             Ovviamente  l’operazione  aveva  debilitato  Bob  e  per  tutto  il  viaggio  di  ritorno

          rimase  accoccolato  nel  trasportino,  mezzo  addormentato.  Appena  varcammo  la
          soglia di casa, si trascinò fino al suo luogo preferito, accanto al calorifero, si sdraiò
          e dormì tutta la notte.
             La mattina successiva decisi di prendermi un giorno di ferie per assicurarmi che
          andasse tutto bene. L’infermiera mi aveva consigliato di tenerlo sotto controllo per
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