Page 33 - A spasso con Bob
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feci con gentilezza, perché altrimenti mi avrebbero tenuto lì per ore.
Proseguimmo, ma con una certa fatica perché venivamo fermati di continuo, c’era
sempre qualcuno pronto a scambiare qualche parolina dolce con Bob o a fargli un
buffetto.
La novità cominciò presto a trasformarsi in una gran seccatura. Di quel passo non
sarei mai arrivato a destinazione. Di solito mi bastavano dieci minuti dalla fermata
del bus al luogo in cui lavoravo, ma adesso ci stavo impiegando il doppio del tempo.
Era una situazione che rasentava il ridicolo.
Raggiungemmo Covent Garden alle tre del pomeriggio, con circa un’ora di ritardo.
Grazie mille, Bob. Sicuramente avrò perso qualche sterlina per colpa tua,
ridacchiai fra me e me.
Tuttavia la faccenda aveva anche un risvolto più serio perché se la sua presenza si
traduceva in minor lavoro e quindi anche in minor entrate, allora non gli avrei più
permesso di salire con me sull’autobus.
Ma impiegai pochissimo a cambiare idea.
Ormai suonavo in quella zona di Londra da un anno e mezzo: di solito iniziavo tra
le due e le tre del pomeriggio e tiravo avanti fino alle otto di sera perché quello era
il momento di maggior passaggio di turisti o di passanti che, terminati gli acquisti,
tornavano a casa dal lavoro. Durante il fine settimana, uscivo un po’ prima, di
mattina, e restavo a suonare anche durante l’ora di pranzo. Il giovedì, venerdì e
sabato mi fermavo anche di più, approfittando del fatto che i londinesi avevano meno
fretta e bighellonavano volentieri per il centro.
Non mi esibivo in un posto solo, avevo in un certo senso imparato a essere
flessibile. La postazione principale era sul marciapiede subito fuori la metropolitana
in James Street. Vi rimanevo fino alle sei e mezzo del pomeriggio quando il flusso di
pendolari raggiungeva il suo picco. Poi, per le restanti due ore, suonavo nella zona
dei pub dove la gente sostava in strada a fumare e a bere. Nei mesi estivi
guadagnavo abbastanza bene perché ai londinesi piaceva bersi una pinta di birra
godendosi gli ultimi raggi del sole.
Non tutti però accettavano la mia presenza e qualcuno mi cacciava via in malo
modo gridando frasi del genere: «Fuori dai piedi, parassita», oppure: «Ma cercati un
vero lavoro, balordo che non sei altro».
In generale, però, la gente era contenta di sentirmi suonare e mi dava volentieri
qualche spicciolo.
Lavorare in James Street era tuttavia un azzardo perché, tecnicamente parlando, io
non sarei potuto stare lì.
Covent Garden è divisa in zone, per quanto riguarda gli artisti di strada, e il
controllo è affidato ad agenti dell’amministrazione locale, un branco di ficcanasi che
noi chiamiamo i Guardiani di Covent.
Secondo il regolamento, avrei dovuto esibirmi nella zona orientale. L’altro lato
della piazza era riservata ai giocolieri, ai funamboli e ad altri intrattenitori.