Page 18 - A spasso con Bob
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Non  potrei  giurarci,  ma  credo  che  contemplare  la  rovina  di  un  proprio  simile
          abbia  un  suo  fascino.  Ho  l’impressione  che  la  gente  tiri  un  sospiro  di  sollievo
          pensando: Grazie a Dio non è toccato a me, oppure: Oggi a me, domani a te. E così si
          rilassa, dice a se stessa che, sì, in fondo, la vita non è così male, che poteva anche

          andare peggio, come a quel povero barbone, per esempio.
             La risposta del perché si finisce in strada non è mai la stessa, ovviamente, ma ci
          sono  sempre  delle  similitudini.  Spesso  le  droghe  o  l’alcol  giocano  un  ruolo
          importante, ma in molti casi è nell’infanzia e nel rapporto con i genitori che bisogna

          cercare il motivo di una simile disgrazia, almeno per quanto mi riguarda.
             La mia è stata un’infanzia senza radici, soprattutto perché ho passato i primi anni
          della mia vita a viaggiare. Sono nato in Inghilterra, nel Surrey, ma all’età di tre anni
          ero già a Melbourne dato che mamma e papà avevano divorziato e mia madre, per

          lasciarsi alle spalle il fallimento del matrimonio, aveva accettato un lavoro come
          rappresentante per la Rank Xerox. Era molto brava e in poco tempo era diventata una
          tra  le  migliori  venditrici  della  società.  Era  instancabile,  così  nel  giro  di  poco
          dovemmo nuovamente fare le valigie e partire per l’Australia occidentale.
             Vi restammo per tre o quattro anni, mentre io frequentavo le scuole elementari. Mi

          piaceva  la  vita  in  quel  continente,  anche  per  via  delle  grandi  e  spaziose  case
          prefabbricate  immerse  nel  verde  in  cui  abitavamo  (ne  parlo  al  plurale  perché  le
          cambiavamo molto spesso). Avevo tutto quello che un bambino di nove anni poteva

          desiderare  per  giocare  ed  esplorare  il  mondo;  in  più  mi  piaceva  il  paesaggio
          australiano. L’unico mio vero problema era che non avevo amici.
             Fu  terribilmente  difficile  inserirmi  a  scuola,  anche  perché  cambiavo  città  in
          continuazione. La possibilità di ambientarmi in Australia fallì miseramente quando la
          mamma decise di rientrare in Europa. Così tornammo a vivere in Inghilterra, vicino a

          Horsham, nella contea del Sussex. Non mi dispiaceva essere di nuovo nel mio Paese
          natale e conservo dei bei ricordi di quel periodo. Stavo abituandomi alla mia nuova
          vita quando ci trasferimmo di nuovo nella regione occidentale dell’Australia. Avevo

          dodici anni.
             Questa volta andammo a vivere in una cittadina chiamata Quinn’s Rock e credo
          che proprio lì siano cominciati a venire a galla i miei primi problemi. Per colpa di
          tutto  quell’andare  e  venire,  non  ho  mai  avuto  una  fissa  dimora  e  non  sono  mai
          veramente cresciuto in un luogo che sentissi mio. La nostra vita assomigliava molto a

          quella degli zingari.
             Non  sono  uno  psicologo,  anche  se  ne  ho  incontrati  e  conosciuti  parecchi  negli
          anni,  ma  non  bisogna  aver  studiato  per  capire  che  tutto  quel  vagabondare  da  un

          continente all’altro non era l’ideale per un bambino della mia età. Stringere amicizia
          a scuola era sempre difficilissimo, mi sforzavo in tutti i modi di piacere, volevo fare
          colpo sui miei compagni, lo desideravo più di ogni altra cosa, il che ovviamente non
          aiutava  a  rafforzare  la  mia  autostima.  Il  risultato  fu  che  ogni  volta  che  cambiavo
          scuola diventavo lo zimbello della classe e la vittima predestinata di ogni possibile
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