Page 15 - A spasso con Bob
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passare velocemente al caso successivo. Non era certo colpa sua: quella era la
routine e doveva seguire le regole.
Uscito dallo studio, andai in farmacia dove una donna in camice bianco dall’aria
sorridente prese le mie ricette e mi rivolse la parola con gentilezza. «Ma che gatto
carino. Anche mia madre ne aveva uno rosso, sono così di compagnia e tanto, tanto
sensibili… Ricordo che non la lasciava mai, le si acciambellava ai piedi, neanche
una bomba l’avrebbe mosso da lì!»
Poi si concentrò sul registratore di cassa e alla fine mi porse il conto.
«Fanno ventidue sterline in tutto, caro.»
Mi venne un colpo: «Cosa? Sul serio?» Trenta sterline erano tutti i miei averi.
«Mi spiace, caro», rispose lei in tono tanto comprensivo quanto implacabile.
Le consegnai le trenta sterline, poi riposi il resto nel borsellino. Accidenti, avevo
speso una somma enorme, tutto quello che guadagnavo in una intera giornata di
lavoro, suonando dalla mattina alla sera. Comunque non avevo altra scelta perché
non avrei mai abbandonato il mio nuovo amico al suo destino.
«Pare proprio che staremo insieme le prossime due settimane», gli sussurrai
mentre ci incamminavamo verso casa.
Era la pura verità, non c’erano alternative, solo io potevo assicurarmi che
prendesse le medicine.
Non saprei spiegarmi il perché, ma dovermi prendere cura di quell’animale
indifeso mi riempiva di energia. Era come se nella mia vita ci fosse finalmente un
obiettivo che non fosse pensare solo a me stesso, adesso ero responsabile di un altro
essere vivente.
Quel pomeriggio mi recai nel negozio per animali sotto casa e acquistai scatolette
e croccantini per almeno due settimane. L’infermiera dell’ambulatorio mi aveva
regalato una confezione di cibo speciale e, dal momento che al mio micio era
piaciuto, avevo deciso di comprargliene un po’. Spesi gli ultimi soldi che mi
restavano in tasca, poi, dato che adesso avevo due bocche da sfamare, quella sera lo
lasciai solo e mi recai a Covent Garden per fare gli straordinari.
Nei giorni successivi, mentre mi occupavo di lui e lo curavo, imparai anche a
conoscerlo meglio. Finalmente avevo scelto come chiamarlo: Bob.
Mi ero deciso guardando un episodio de I segreti di Twin Peaks, la mia serie
televisiva preferita. C’è un personaggio che si chiama Killer Bob che costringe gli
esseri umani a compiere atti scellerati: è schizofrenico, una specie di dottor Jekyll e
Mr Hyde. Per gran parte del tempo si comporta normalmente ed è un bel ragazzone
sano, poi, di colpo si trasforma in un pazzo scatenato e ne combina di tutti i colori. Il
mio Bob gli assomigliava un po’. Quando era felice e contento, non avresti potuto
desiderare un gatto più docile e amabile di lui. Ma quando gli saltava la mosca al
naso, perdeva letteralmente il controllo e correva come una furia nel mio piccolo
appartamento; sembrava un indemoniato. Lo stavo giusto raccontando a Belle, venuta
a trovarci una sera, quando mi venne l’idea. «Ecco, sembra… sembra proprio Killer