Page 13 - A spasso con Bob
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                                             La strada per la guarigione
             HO sempre avuto un rapporto speciale con i gatti, forse perché sono cresciuto in
          mezzo  a  loro.  Mi  ricordo  che  da  bambino  ho  avuto  diversi  siamesi  e  anche  un

          meraviglioso esemplare con il pelo di tre colori, a squama di tartaruga.  Sono bei
          ricordi,  ma,  come  spesso  capita,  quello  che  mi  è  rimasto  impresso  in  maniera
          indelebile è invece il più triste di tutti.
             Sono cresciuto tra l’Inghilterra e l’Australia dove, per un certo periodo mia madre

          e io abbiamo vissuto a Craigie, nella parte occidentale. In quel periodo ci capitò di
          avere un gattino splendido, dal morbido pelo bianco. Non ricordo bene come fosse
          arrivato in casa nostra, mi pare che ce l’avesse regalato un agricoltore della zona. In
          ogni caso, prima di entrare a far parte della nostra famiglia, doveva aver fatto una

          gran brutta vita.
             Per  un  motivo  o  per  l’altro,  ce  l’avevano  dato  senza  neanche  portarlo  dal
          veterinario. Il medico avrebbe visto che era letteralmente infestato di pulci.
             Noi non ce ne rendemmo conto subito perché i parassiti si nascondevano in mezzo
          al pelo fitto e lanoso. Quando ce ne accorgemmo era ormai troppo tardi. Mia madre

          lo portò subito dal veterinario, il quale le confermò che c’era ben poco da fare. Il
          micio aveva infezioni in tutto il corpo ed era gravemente malato. Morì un paio di
          settimane dopo essere arrivato a casa nostra e per la mamma e per me, che dovevo

          avere cinque o sei anni, fu una vera tragedia.
             Negli anni ho ripensato spesso a quel gatto. Mi torna in mente tutte le volte che ne
          vedo uno bianco, e ora mi succedeva anche con il mio nuovo amico pel di carota.
          Pensieri funesti mi attraversavano la mente, avevo paura che potesse morire anche
          lui.

             Quella domenica sera, mentre lo guardavo riposare sul pavimento di casa, presi
          una decisione: non avrei permesso che la storia si ripetesse. Dovevo assicurarmi che
          quella povera creatura non corresse pericoli, quindi dovevo farlo visitare. Non era

          un appuntamento che si potesse rimandare.
             L’indomani  mattina  mi  sarei  svegliato  di  buon’ora  e  l’avrei  portato  in  un
          ambulatorio dell’Ente nazionale per la protezione degli animali.
             Puntai la sveglia e mi alzai a preparare la colazione al mio piccolo ospite: tonno e
          biscotti sbriciolati. Era una mattina piuttosto grigia, ma non potevo accampare scuse

          per rinviare la decisione.
             Considerate le condizioni della sua zampina, non potevo pretendere che il gatto
          camminasse più di un’ora, così pensai di usare come trasportino un contenitore verde

          per la raccolta differenziata. Immagino che non fosse la soluzione più comoda per
          lui, ma non mi era venuto in mente niente di più idoneo. Appena ci mettemmo in
          movimento,  pel  di  carota  mi  fece  subito  capire  che  quella  sistemazione  non  gli
          piaceva  affatto:  continuava  ad  agitarsi  e  cercava  un  appiglio  per  uscire.  Meglio
          lasciar perdere.
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