Page 8 - A spasso con Bob
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Quando rientrai a casa erano ormai quasi le dieci di sera. Raggiunsi di corsa la
          porta davanti alla quale avevo lasciato il micio dal pelo rossiccio, ma di lui non
          c’era più traccia. Se da una parte mi rammaricai della sua scomparsa, perché mi ero
          già  affezionato,  dall’altra  mi  sentii  sollevato  all’idea  che  il  fantomatico  padrone

          fosse tornato.
             Mi balzò il cuore in gola quando, l’indomani, lo ritrovai acciambellato davanti
          alla  stessa  porta.  Mi  sembrò  ancora  più  indifeso  e  arruffato:  tremava,  di  freddo
          forse, o per la fame.

             «Sono contento di rivederti, amico mio», lo salutai, accarezzandolo, «ma non sei
          in gran forma, oggi, eh?»
             Decisi che la storia era andata avanti fin troppo per i miei gusti, così bussai alla
          porta dell’appartamento determinato a parlare chiaro con i padroni di casa: se quel

          micio  era  loro,  be’,  non  era  certo  quello  il  modo  di  trattarlo.  Doveva  bere  e
          mangiare  qualcosa,  e  magari  aveva  anche  bisogno  di  essere  portato  da  un
          veterinario.
             Mi aprì la porta un tizio con la barba sfatta, in maglietta e pantaloni della tuta, con
          tutta l’aria di chi è appena svegliato, nonostante fosse pomeriggio inoltrato.

             «Mi dispiace disturbarti, amico, ma questo gatto è tuo?» gli chiesi.
             L’uomo mi guardò storto, come se mi considerasse completamente matto.
             «Quale  gatto?»  rispose,  poi  abbassò  gli  occhi  e  solo  allora  scorse  il  micio

          appallottolato  sul  suo  zerbino.  «Certo  che  no»,  esclamò  stringendosi  nelle  spalle
          come se la cosa non lo riguardasse. «Io non c’entro niente.»
             «Ma  sono  giorni  che  sta  davanti  a  casa  tua»,  insistetti,  ricevendo  in  cambio
          un’occhiata inespressiva.
             «Davvero? Avrà sentito odore di cibo. Comunque te lo ripeto, io con questo gatto

          non ho niente a che vedere. E ora lasciami in pace.»
             Rientrò in casa sbattendosi la porta alle spalle.
             Non volevo perdere altro tempo e presi immediatamente una decisione.

             «Okay  amico,  ora  ce  ne  andiamo  via  insieme»,  conclusi,  mentre  con  la  mano
          cercavo nello zaino la scatola dei biscotti.  La portavo sempre con me e la tiravo
          fuori quando volevo dare un dolcetto ai cani o ai gatti che mi si avvicinavano mentre
          suonavo in strada.
             A quel rumore, il micio si alzò di scatto e venne verso di me.

             Si  muoveva  a  fatica,  trascinando  leggermente  una  zampina  posteriore,  così  gli
          lasciai  tutto  il  tempo  per  salire  le  cinque  rampe  di  scale.  Poco  dopo  eravamo  al
          sicuro  dentro  il  mio  appartamento  che,  a  essere  sinceri,  non  era  particolarmente

          accogliente.  A  parte  il  televisore,  c’erano  soltanto  un  divano  letto  usato,  un
          materasso, un vecchio frigorifero, un forno a microonde, un bollitore e un tostapane.
          Niente  fornello.  Senza  contare  le  pile  di  libri  e  di  DVD  e  un  mucchio  di
          cianfrusaglie.
             È più forte di me, raccatto dalla strada tutto quello che la gente butta e in quel
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