Page 10 - A spasso con Bob
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«Ehi  amico,  adesso  calmati»,  lo  invitai,  sollevandolo  in  aria  a  una  distanza  di
          sicurezza  per  poi  appoggiarlo  nuovamente  a  terra.  I  giovani  maschi  non  ancora
          sterilizzati possono essere molto esuberanti e io ero pronto a scommettere che lui
          avesse ancora tutti i suoi attributi e che fosse nel pieno della pubertà.

             Ovviamente non potevo esserne certo al cento per cento, ma qualcosa mi diceva
          che quel gatto non apparteneva a nessuno e viveva per strada.
             Trascorremmo così il resto della serata: io davanti alla televisione e lui vicino al
          calorifero, ogni tanto lo spiavo di nascosto e mi sembrava di cogliere sul suo bel

          muso un’espressione soddisfatta. Quando mi alzai dal divano per andare a letto, mi
          seguì fino in camera, poi si appallottolò ai miei piedi, in fondo al materasso.
             Non saprei spiegare perché, ma mentre lo sentivo fare le fusa nell’oscurità del mio
          appartamento, provai una sensazione di gioia, come non mi succedeva più da anni.

          Forse dipendeva dal fatto che finalmente qualcuno mi teneva compagnia, cosa che
          negli ultimi tempi mi era capitata di rado.
             Domenica mattina mi alzai piuttosto presto e decisi di battere le strade per vedere
          se riuscivo a trovare il suo padrone. Forse qualcuno lo sta cercando e ha attaccato un
          foglietto  con  la  sua  fotografia,  mi  dissi.  Ce  n’erano  un  po’  ovunque  a  Londra  di

          questi volantini di animali smarriti.  Li trovavi sui pali della luce, sulle bacheche,
          anche alle fermate degli autobus. A volte mi chiedevo se nel quartiere non agisse una
          banda  di  sequestratori  di  felini,  perché  i  gatti  scomparsi  erano  sempre  così

          numerosi…
             Decisi di portarlo con me, nel caso in cui avessi trovato subito il suo padrone. Per
          sicurezza, gli feci una sorta di guinzaglio con un laccio da scarpe e lui mi parve tutto
          contento di camminarmi al fianco mentre scendevamo le scale fino all’ingresso. Una
          volta all’aperto, però, cominciò a dare strattoni. Forse deve fare i suoi bisogni. Si

          liberò  con  straordinaria  destrezza  dirigendosi  con  aria  sicura  verso  uno  spiazzo
          verde, punteggiato di cespugli, vicino a un blocco di case. Scomparve tra i cespugli
          per rispondere al richiamo della natura, poi tornò tutto beato e si lasciò rimettere il

          collarino.
             Deve proprio fidarsi di me, pensai e, con un nodo alla gola, mi dissi che dovevo
          ricambiare quella fiducia aiutandolo in ogni modo possibile.
             Cominciai dall’anziana signora che viveva dall’altra parte della strada e che nel
          quartiere era conosciuta come l’angelo custode dei gatti randagi, perché dava loro da

          mangiare e li faceva sterilizzare, se necessario. Quando quell’anima gentile mi aprì
          la porta, scorsi almeno cinque code all’interno e Dio solo sapeva quanti altri ce ne
          fossero  nel  giardino  sul  retro.  Sembrava  che  si  fossero  passati  la  voce  che  quel

          cortile  era  il  luogo  migliore  in  cui  trovare  di  che  sfamarsi…  Mi  sono  sempre
          domandato come riuscisse a nutrirli tutti!
             L’anziana si accorse subito del mio compagno e, con gli occhi che le brillavano di
          gioia, gli offrì immediatamente un bocconcino. Era una persona veramente gentile e
          mi parve sinceramente dispiaciuta quando mi disse che non lo aveva mai visto prima
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