Page 117 - A spasso con Bob
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Ancora ai tempi di Covent Garden, capitava spesso che mi offrissero del denaro
per Bob. Ogni tanto spuntava qualcuno che, senza tanti giri di parole, mi diceva:
«Ehi, bello, quanto vuoi per il tuo gatto?»
Di solito mi limitavo a mandarlo a quel paese e la cosa finiva lì.
Era successo anche ad Angel dove a farsi avanti era stata una donna. Veniva verso
di noi, cominciava a chiacchierare del più o del meno e poi arrivava al punto.
«Ascolta, James», attaccava, «non credo che Bob dovrebbe stare in strada, penso
che il suo posto sia in una bella casa calda e confortevole dove potrebbe vivere
molto meglio che con te.»
Andava avanti per un pezzo con quelle sciocchezze e poi finiva sempre con la
solita domanda: «Allora, dimmi, quanto vuoi per lui?»
Ogni volta cercavo di ignorarla, rifiutandomi di risponderle e allora lei iniziava a
sparare cifre: iniziava da cento sterline saliva fino a cinquecento.
L’ultima volta mi aveva affrontato dicendomi: «Va bene, hai vinto, ti darò mille
sterline».
A quel punto le avevo risposto. «Scusi, signora, lei ha figli?»
«Sì, be’, certo…» aveva farfugliato la donna, un po’ sorpresa.
«Bene. Allora, mi dica, quanto vuole per il più piccolo?»
«Ma di che cosa parla?»
«A che cifra è disposta a vendere suo figlio?»
«Non c’entra niente con quello che io…»
«Guardi, io credo che c’entri e anche molto», avevo ribattuto brusco prima che lei
potesse terminare la frase. «Per quanto mi riguarda, Bob è come un figlio per me. E
chiedermi se lo vendo è come per lei sentirsi domandare a quale cifra è pronta a
dare via il suo bambino. Sono stato chiaro adesso?»
La donna si era allontanata e non l’avevo più rivista.
Il personale della metropolitana si comportava con me in un modo diametralmente
opposto.
Ogni tanto chiacchieravo con Vanika, un controllore. Mi ricordo di un giorno un
cui lei si compiaceva del numero incredibilmente alto di persone che si fermavano
all’uscita della stazione solo per fare una carezza a Bob o per scattargli una
fotografia.
«Credo proprio che sia grazie a lui se la stazione di Angel sta diventando
un’attrattiva di Londra», mi aveva detto ridendo.
«Allora dovreste assumerlo, come quella gattina in Giappone che è stata nominata
capostazione. Le hanno perfino dato il cappellino!» avevo scherzato.
«Temo che al momento non siano previste nuove assunzioni», aveva ribattuto lei
con un risolino.
«Allora, potreste dargli almeno un tesserino di riconoscimento, no?» avevo
continuato, stando al gioco.
Vanika mi aveva rivolto uno sguardo pensieroso prima di andarsene.