Page 47 - Il mostro in tavola
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Pandemie alimentari


           Un giorno del 2011, tragicomicamente, i bambini capricciosi di tutto il mondo hanno

        tirato un sospiro di sollievo: la verdura era stata vietata. Non la si poteva più mangiare.
        Tutta colpa di un batterio, l’Escherichia coli, che nella sua versione patogena è arrivato
        sulle verdure che, consumate crude, hanno dato parecchi problemi. Enteroemorragici, ecco
        i sintomi del ceppo di batteri E. coli EHEC, di cui diamo tutte le sigle di riconoscimento:
        0157:H7  e  014:H21.  Sono  i  ceppi  più  aggressivi,  con  la  brutta  reputazione  di  causare
        colite  emorragica  e  una  sindrome  detta  emolitico-uremica.  Insomma,  i  sintomi  sono
        davvero brutti. La malattia, in particolare, viene archiviata sotto la categoria delle zoonosi,
        il che significa che può essere trasmessa dagli animali all’uomo. Come in tutti i gialli che
        si  rispettino  esiste  anche  qui  una  causa.  In  questo  caso,  ha  poco  a  che  vedere  con  le
        atmosfere noir di un buon romanzo d’annata. La contaminazione di E. coli sulle verdure si
        presume sia causata dall’uso delle deiezioni di ruminanti, che non sono state sottoposte ai
        giusti processi di maturazione; questo ha portato al dilagare dell’epidemia che ha creato il

        panico nel mondo. Il batterio si diffonde anche nelle acque, contaminandole e diventando
        così un pericolo senza controllo. Il rischio della pandemia è dietro l’angolo. I casi simili
        negli ultimi anni sono aumentati, anche se tendiamo a rimuoverli e a dimenticare cosa ci
        ha spinto mesi prima a cambiare molte nostre scelte alimentari condizionando la nostra
        quotidianità.

           Un altro esempio contemporaneo all’E. coli è l’influenza aviaria. Un’altra malattia che
        ci ha tormentati e che vorremmo lasciarci alle spalle. Come racconta bene Armi, acciaio e
        malattia, un libro di Jared Diamond, da quando l’uomo ha inventato la domesticazione
        degli animali, fin dall’alba dei tempi, ha dovuto affrontare nuove malattie, scaturite dalla
        stretta vicinanza con gli animali. Quindi non è una novità. Abbiamo dovuto fare sempre i
        conti  con  delle  malattie  legate  agli  allevamenti.  L’aviaria  è  di  fatto  un’influenza.  Cosa
        spaventa di questa malattia?

           Facciamo un passo indietro e andiamo alle sue presunte origini. Si può dire che l’aviaria
        sia una malattia nata da un errore, stando alle cronache. Un ricercatore porta il virus in un
        laboratorio americano nel 1924 e da lì si diffonde la prima epidemia, che colpisce la gran
        parte dei polli dello Stato di New York. Questa semplice influenza non si limita a colpire
        gli animali, è una malattia che può mutare, ed è di fatto imprevedibile. Un concetto quello
        dell’imprevedibilità  che  per  la  Natura  è  alla  base  delle  regole  del  gioco,  mentre  per
        l’uomo,  protagonista  di  questo  gioco,  può  rivelarsi  un  bel  problema  da  affrontare.  Una

        delle peggiori paure da scongiurare è che l’aviaria possa potenzialmente fare il salto di
        specie, passare dagli animali e arrivare all’uomo. Nel 2003, nel sud-est-asiatico, il ceppo
        H5 colpisce decine di persone uccidendole. Un ceppo differente, H7N3, infetta nei Paesi
        Bassi centinaia di persone uccidendone una. Nel 2004, con l’H5N1 in Asia, si registrano
        34 casi d’infezione e 23 morti. L’H7N3 arriva in Canada, infettando 17 persone in pochi
        mesi: furono abbattuti 19 milioni di volatili. Anche l’H5N1 nel frattempo si sposta, e nel
        2004 causa in Vietnam e Thailandia la morte di 32 persone. Nel mentre arriva la notizia
        dalla Cina che il ceppo H5N1 è mutato facendo il salto di specie e infettando i maiali. Da
        qui nasce la vera paura. Il virus è mutato colpendo una specie molto più vicina all’uomo.
        Stiamo vivendo la trama di un film apocalittico?
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