Page 41 - Il mostro in tavola
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nel suo effetto lungo le catene alimentari.

           Un altro episodio più recente, il caso della scomparsa delle api, è stato uno degli ultimi
        casi di inquinamento ambientale che ha provocato la decimazione di uno degli insetti più
        importanti del nostro pianeta. La cosa più sconcertante è che mentre delle api domestiche
        si  conoscono  le  cifre  esatte  della  loro  decimazione,  per  tutti  gli  altri  insetti  presenti
        nell’ambiente non è disponibile ancora oggi l’ammontare esatto del danno provocato. Ma
        cosa  c’è  dietro  la  scomparsa  delle  api?  Sono  molte  le  teorie,  ma  una  fra  tutte  è  ormai
        quella  definitivamente  riconosciuta  come  la  più  accreditata.  I  killer  delle  api  sono  dei
        pesticidi chiamati neonicotinoidi. Con la scomparsa delle api l’uomo si gioca gran parte
        della sua produzione alimentare. Dalle api dipende il 22% di tutta la produzione agricola
        dei paesi in via di sviluppo, e il 14% della produzione agricola del mondo sviluppato. Il 16
        gennaio di quest’anno l’Efesa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha lanciato
        un allarme sullo stretto legame tra la riduzione della popolazione delle api, dal 5% al 30%

        in soli 15 anni, e l’uso dei neonicotinoidi. Un danno enorme difficilmente quantificabile.
        Ma la diffusione nell’ambiente dei prodotti chimici legati all’agricoltura segue molte vie:
        l’aria,  l’acqua,  la  terra  e  gli  animali  stessi  ne  diventano  un  vettore.  L’acqua  è  uno  dei
        mezzi in cui è possibile rilevare l’inquinamento.

           Secondo l’ISPRA, Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale, nel suo
        Rapporto  nazionale  dei  pesticidi  nelle  acque  del  2013,  le  acque  sono  inquinate
        prevalentemente da residui utilizzati in agricoltura. Facendo una sintesi brutale si potrebbe
        dire che tutto ciò che facciamo per produrre il cibo causa inquinamento. Sono stati trovati
        ben  166  tipi  diversi  di  pesticidi.  Sono  state  rilevate  fino  a  23  sostanze  differenti  nello
        stesso campione, tutte di origine agricola. Secondo l’Ispra: «A causa dell’assenza di dati
        sperimentali  sugli  effetti  combinati  e  di  adeguate  metodologie  di  valutazione,  esiste  la
        possibilità  che  il  rischio  derivante  dall’esposizione  ai  pesticidi  sia  attualmente
        sottostimato». Questo conferma le peggiori paure riguardo ai pesticidi. Non è solo il loro
        uso  a  essere  un  problema,  ma  piuttosto  la  grande  quantità  di  molecole  differenti  che
        disperse  nell’ambiente  possono  causare  danni  e  interferire  nei  processi  biologici  degli
        ecosistemi, oltre che essere un pericolo per la nostra salute, sovraesposta a molte sostanze

        differenti.  La  produzione  di  cibo,  oggi,  è  all’interno  di  un  sistema  con  un  impatto
        sull’ambiente sempre maggiore. In agricoltura si usano 350 sostanze diverse per un totale
        di  140.000  tonnellate  all’anno.  Per  quanto  l’utilizzo  dei  singoli  prodotti  di  sintesi  sia
        diventato sempre più limitato e controllato, la quantità di differenti prodotti lungo tutta la
        filiera, e quindi non solo nei campi ma anche durante la conservazione, crea un sistema
        complesso di difficile decifrazione, e di cui è quasi impossibile prevedere gli effetti.

           Tempo fa ho scritto un articolo sul «Fatto Quotidiano» proprio sui pesticidi che finiva
        così:  «Forse  alle  radici  del  problema  non  è  necessario  solo  indicare  il  colpevole,  ma
        dobbiamo  cominciare  a  indagare  i  limiti  che  l’uomo  ha  verso  la  comprensione  del  suo
        rapporto  con  la  natura  e  partire  da  un  altro  punto  di  vista.  Non  dobbiamo  pensare  di
        controllare ogni causa-effetto, ma cominciare a pensare di esserne parte e comprendere la
        complessità dei sistemi. Dobbiamo cambiare modo di guardare la natura e cominciare ad
        accettare i nostri limiti. Un tempo era il DDT, oggi i neonicotinoidi, domani?».
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