Page 38 - Il mostro in tavola
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Verdure non verdure
Non avere accesso al cibo di qualità e di stagione è uno dei sacrifici peggiori che la
modernità ci impone. Mangiare degli alimenti di qualità freschi e di stagione a volte può
sembrare una missione impossibile.
Oggi questo dilemma si pone anche a chi non abita in città. La distribuzione del cibo è
cambiata velocemente e gli alimenti disponibili non appartengono alla terra che abitiamo:
provengono da molto lontano e purtroppo non sempre sono freschi o di stagione.
Mi lascia ogni volta stupito vedere sul banco del supermercato solo verdure importate,
quando invece sarebbero disponibili anche localmente; se non a km zero, almeno che non
abbiano attraversato un mare o un oceano prima di arrivare sulle nostre tavole. Un’altra
cosa che si ripete con una frequenza disarmante è la delusione che si prova quando si
addenta una verdura bella fresca all’apparenza e si rimane di sasso quando il suo sapore è
assolutamente inesistente, prossimo a quello dell’acqua. Tutte questioni che ben
conosciamo e che come scopriremo fanno parte dello stesso problema. Ma cosa è accaduto
al sapore delle verdure? Prendiamo un ortaggio, che tra tutti può essere il migliore
esempio dei tempi che corrono a tavola: il pomodoro che non sa più di pomodoro.
Secondo un articolo uscito su «Science» nel 2012, la colpa è da attribuirsi al gene
S1GLK2 presente nelle varietà moderne selezionate appositamente per apparire con una
colorazione uniforme. Impeccabili allo sguardo. Pomodori perfettamente rossi, come se
fossero stati dipinti. Si è scoperto che dal gene S1GLK2 dipende l’accumulo di zuccheri e
di carotenoidi, responsabili del sapore e del gusto tipico del pomodoro. Modificando
S1GLK2, il pomodoro ha però perso il sapore. Da qui nasce la nostra delusione.
Acquistiamo un pomodoro rosso convinti di avere tra le mani un frutto di qualità, e poi
puntualmente il gusto ci sorprende in negativo e ci sembra uno scherzo della natura. Se
notate ci caschiamo ogni volta: sicuri di assaggiare il pomodoro giusto, ci ritroviamo
nuovamente con un sapore vago, spento, annacquato. Sempre parlando di pomodoro, fino
a 20 anni fa venivano trasportati a maturazione incompleta, così da farli maturare durante
il lungo viaggio; chiaramente, l’operazione non riusciva sempre e la maturazione non
arrivava mai a essere completa. Una volta raggiunto lo scaffale però la maturazione
avanzava, e questo comprometteva la loro vendibilità. Ma un giorno tutto cambiò: vennero
scoperti i geni legati alla maturazione. In un certo modo si trovò la soluzione per una
lunga vita. Nelle varietà Grappolo Rosso e Ciliegino, furono individuati i geni detti rin,
ovvero ripening inhibitor. Una volta scovati questi geni, si è risolto anche il problema di
fare durare i pomodori per lungo tempo sullo scaffale. A che prezzo? Il licopene, ovvero
uno degli antiossidanti presenti nel pomodoro, è diminuito fortemente. Per quanto il
pomodoro sia diventato perfettamente rosso e resistente all’invecchiamento del tempo, ha
perso tutte le sue qualità sia in termini di valore nutritivo sia in termini di sapore. Chi ha
compiuto questa ricerca e ha pubblicato i risultati su «Science» ha svolto un lavoro di
investigazione genetica al contrario, per capire come mai il pomodoro avesse perso il suo
sapore originario. A questo punto, c’è da domandarsi se il gioco vale la candela. Se
avessimo lasciato le cose esattamente come stavano, raccogliendo il pomodoro al
momento della giusta maturazione, saremmo riusciti a gustarci un prodotto che tutto
sommato ha un aspetto decente ma un sapore di gran lunga migliore di quello in