Page 30 - Il mostro in tavola
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anno  nel  menù  di  più  di  2  milioni  di  persone,  ma  non  sfama  le  popolazioni  locali  che
        sempre meno riescono ad accedere alla risorsa ittica e che soccombono di fronte alla forte
        competizione con la pesca industriale.

           Un  altro  nome  che  potremmo  trovare  sui  banchi  del  pesce  è  il  pangasio,  che  viene
        pescato nel Mekong, uno dei fiumi più inquinati al mondo. Il problema serio è che questi
        pesci, sui nostri banchi, a volte vengono volontariamente scambiati per altre varietà ben
        più  pregiate,  vista  la  somiglianza  con  qualità  migliori,  come  il  merluzzo  ad  esempio.
        L’acquisto di pesce proveniente da mari esotici dipende da una nostra volontà di acquisto:
        come è emerso durante Slow Fish 2013 (fiera dedicata al pesce legata a Slow Food) la
        nostra scelta di consumo di pesce si è ristretta a sole 10 specie rispetto alle ben 300 che
        potrebbe  offrire  il  Mediterraneo.  Scegliere  sempre  lo  stesso  pesce  provoca  dei  seri
        problemi negli equilibri degli ecosistemi marini, danneggiando le catene alimentari. Un
        esempio facile: la pesca del bianchetto ha portato all’aumento delle meduse. I pesci di

        piccola taglia nati da poco (novellame di sarda e acciuga) sono tutelati dalla legge che ne
        vieta  la  pesca  limitandola  a  un  breve  periodo.  Quindi  il  valore  commerciale  di  questo
        pesce è elevato anche a causa della legge che lo rende una «merce rara» (può arrivare
        anche a 40 euro al kg). Chiaramente questo lo rende una risorsa importante per i pescatori,
        che  hanno  tutto  l’interesse  di  portare  a  casa  un  bottino  così  prelibato.  Per  la  pesca  del
        bianchetto  viene  infatti  rilasciato  un  permesso  annuale,  allo  scopo  di  controllarne  i
        quantitativi pescati. In caso di infrazione, dal 1° gennaio del 2012 è nata una licenza a
        punti,  esattamente  come  la  patente,  che  stabilisce  dei  limiti  per  contrastare  le  illegalità
        commesse  in  mare.  Oltre  i  18  punti  persi  la  licenza  viene  sospesa  per  due  mesi.
        Ovviamente questo ha provocato il malcontento dei pescatori, che si sono visti messi alle
        strette  da  una  normativa  troppo  severa,  rispetto  alle  loro  necessità  di  sopravvivenza
        economica. Sebbene le nostre scelte sul pesce pescato provochino molte conseguenze, il

        pesce  allevato  non  è  da  meno.  Come  si  legge  nel  capitolo  «Carne  guasta»,  l’Unione
        Europea, con il regolamento UE 56 2013 firmato il 16 gennaio, ha deciso che si potranno
        usare  nuovamente  le  proteine  animali  come  mangimi.  In  particolare  per  l’acquacoltura
        questa risulterà una svolta visto che fino a oggi i mangimi utilizzati in tale settore erano
        farine  e  oli  ricavati  dai  pesci  e  proteine  vegetali.  L’allevamento  ittico  nel  mondo,  in
        termini assoluti di consumi di mangime, ha superato quello dell’allevamento bovino nel
        2010 e raddoppierà nel 2020. La produzione globale di pesce ha raggiunto i 157 milioni di
        tonnellate nel 2007, e di questi almeno 65 derivano dall’acquacoltura.

           Questo significa che le farine di pesce non saranno più sufficienti. L’Atlantico è già
        abbondantemente  saccheggiato,  senza  che  si  debba  anche  pescare  il  pesce  con  cui
        realizzare  farine  per  gli  allevamenti  ittici.  Il  grande  dubbio  è:  si  riuscirà  a  garantire  ai
        consumatori il rispetto della sicurezza alimentare?

           Siamo arrivati a nutrire i pesci del mare con farine di altri animali. È evidente che da
        qualche  parte  bisogna  ricominciare  da  zero.  Dobbiamo  cambiare  stile  alimentare,  e
        soprattutto  non  possiamo  più  pensare  di  acquistare  sempre  lo  stesso  pesce,  dovremmo
        chiedere a gran voce di avere pesce locale, di molte varietà differenti, oltre alle solite 10
        (se va bene) che consumiamo abitualmente: soprattutto pesce di stagione. D’altra parte ci
        sono  stati  degli  allarmi  lanciati  da  SCF  (Science  Committee  on  Food,  la  Commissione
        scientifica sul cibo dell’Unione Europea) che denunciano una maggiore contaminazione di

        diossina e di altri inquinanti come il mercurio nelle farine e nell’olio di pesce utilizzati
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