Page 15 - Il mostro in tavola
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a sopravvivere ai lunghi viaggi, senza diventare aceto. Furono pionieri e la pratica divenne
di uso comune in tutta Europa dopo qualche anno.
Evitare l’uso dei solfiti aggiunti nella produzione del vino, che sia chiaro, è possibile se:
le uve sono sane ed esenti da muffe, se sono fatti fermentazioni e affinamenti controllati
con pulizie dei mosti, se vengono igienizzati i contenitori dei locali di vinificazione. In
sostanza un processo che va dalla vigna alla bottiglia, impeccabile, cosa che diventa molto
più difficile specialmente in produzioni di grande scala. La frase ricorrente che si sente
spesso nell’ambiente del vino è: «Se si lavora bene in cantina si riescono a non utilizzare i
solfiti». Al di là di quelli aggiunti, i solfiti sono un prodotto naturale della fermentazione,
ma la produzione è generalmente bassa, salvo casi in cui vengano prodotti naturalmente
quantitativi superiori alla normativa. La questione è la linea di demarcazione tra solfiti
naturalmente presenti nel vino e solfiti aggiunti. Forse in questa direzione si può definire
un’ulteriore discriminante tra produttori che non usano solfiti aggiunti e chi invece ne fa
uso.
Vi sono molti altri ingredienti che potremmo trovare nel vino ma che non vengono
indicati in etichetta. Scopriamone alcuni, anche se l’elenco è davvero lungo.
L’acido ascorbico, ovvero la famosa vitamina C, viene aggiunta nel vino come
antiossidante. Può essere utilizzata fino a un massimo di 150 mg/l. L’acido sorbico invece
viene usato per bloccare eventuali nuove fermentazioni, ma non è impiegato in tutti i vini.
Inoltre per fare il vino viene utilizzata anche la gomma arabica, un polisaccaride in grado
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di migliorare il gusto e stabilizzare le precipitazioni . Durante la produzione del vino
vengono utilizzati anche molti altri prodotti, che non troveremo nel prodotto finale,
almeno non in tracce significative. Anche se tra questi l’albume delle uova e il latte
utilizzati per la chiarificazione, dal momento che potrebbero essere presenti in tracce,
generano grandi dibattiti sulla necessità di indicarne la presenza nell’etichetta o meno,
data la preoccupazione da parte di chi soffre di allergie specifiche. Tra le altre sostanze per
la chiarificazione viene usata anche la gelatina. Per fare il vino vengono adoperati molti
prodotti. La questione non riguarda tanto il tipo di prodotti utilizzati purché regolamentati
da norme, il punto è nella possibilità da parte del consumatore di scegliere o quanto meno
di conoscere gli «ingredienti» del vino o quello che potrebbe trovarvi dentro anche in
tracce. Sebbene conoscere tutti gli ingredienti non aiuti a capire se uno di essi faccia male
o no, sarebbe comunque un buon inizio. Allora perché nel vino non vengono riportati in
etichetta i prodotti contenuti nella bevanda?
Il regolamento (UE) n. 1169/211 all’articolo 16 comma 4, dichiara che: «Fatte salve
altre disposizioni dell’Unione che prevedono un elenco degli ingredienti o una
dichiarazione nutrizionale obbligatoria, le indicazioni di cui all’articolo 9 non sono
obbligatorie per le bevande con contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume». Quindi
niente ingredienti, niente indicazioni specifiche. Se non vogliamo chiamarli ingredienti,
diamogli un altro nome. Resta comunque il fatto che per fare il vino si usano molti
prodotti, al di fuori dell’uva, che si aggiungono o si utilizzano durante i processi di
lavorazione. È possibile arrivare fino a 30 prodotti differenti nel vino convenzionale
(alcuni di questi sono stati citati precedentemente).
La questione vino rimane delicata, anche perché si fa molta fatica a dimenticare un
episodio che ha gettato ombre su di esso, che ha tracciato una linea di demarcazione tra la