Page 243 - La cucina del riso
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Lazio






                      TIMBALLO DI RISO
                 Preparazione: si prepara un buon risotto con sugo d’umido, burro e parmigiano e
                 quando il riso è cotto, ma non troppo, vi si uniscano, fuori dal fuoco, un paio di rossi
                 d’uovo. Si mette a freddare questo riso e intanto si prepara un abbondante ragù, cioè
                 fegatini di pollo, creste (di gallo), ovette (di pollo), funghi, animelle d’abbacchio,
                 qualche pezzo di salsiccia cotta e ritagliata in fettine e qualche dadino di prosciutto.
                 Dopo che ogni cosa sarà cotta, si riunisce tutto insieme e si lascia insaporire con
                 qualche cucchiaiata di sugo di umido. Si unge di strutto (o burro) uno stampo liscio
                 da budino e ci si passa del pangrattato. Si capovolge lo stampo per far uscire il pane
                 superfluo, poi si sbatte un uovo, e girando lo stampo in tutti i versi, si fa in modo che
                 l’uovo sbattuto possa bagnare completamente lo strato di pane. Si mette nello stampo
                 il riso preparato, rialzandolo delicatamente intorno ai bordi dello stampo stesso in
                 modo da formare una specie di scatola nel cui vuoto si pone il ripieno. Si chiude il
                 timballo con uno strato di riso, ci si mette un po’ di pangrattato, si mettono qua e là dei
                 pezzettini di burro e s’inforna il timballo per circa un’ora, lasciando cuocere a fuoco
                 moderato fino a che non avrà fatto una bella crosta. Si leva dal forno, si lascia riposare
                 qualche minuto e poi si rovescia sul piatto.
                 Ada Boni, La cucina romana



               come stelle luminose e golose, le varie torte e le saporite minestre di riso
               con carni, regaglie e verdure.
                    Con Gioacchino Belli si ha la conferma che le pietanze con il riso si erano
               evolute e avevano arricchito la cucina romana di piatti diversi: erano entrate a
               far parte della cucina borghese e, in una certa misura, anche di quella di rango.
               Due sonetti sono molto significativi: Er pranzo de le Minenti, che si apre con
               una più moderna e gustosa minestra di “ris’e piselli”, mentre in quello Er
               male compensato dar bene, si assiste all’evoluzione dell’antica torta di riso in
               un più complesso “timbal de riso”: “Pé una messa se smove er paradiso,/e un
               angelo po’ mette mille diavoli/come rigaje in un timbal de riso”.
                    Riso e piselli, insieme a riso e indivia, riso e regaglie, riso e patate,
               come afferma Jannattoni nel suo libro La cucina romana e del Lazio, “sono
               intimamente collegate alla vera cucina romano-laziale”.
                    La scrittrice romana Ada Boni, nel suo ricco ed esauriente libro La cucina
               romana, ha lasciato un elenco di ben tredici ricette con il riso. Partendo



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