Page 239 - La cucina del riso
P. 239

Lazio




                    Secondo quanto afferma lo studioso Alessandro Petronio, nel libro Del
               vivere delli Romani et di conservar la sanità, nel 1592, il riso era una preroga-
               tiva “di tutti li Romani”, precisando, inoltre, che “ristringe il ventre, nutrisce
               mediocremente...”, al contrario di quello che affermava il Platina “si piglia
               con il latte di vacca, le mandorle, o il brodo grasso e aumenta il seme
               maschile”.
                    Interessante, fra i bandi dello Stato Pontificio, una Disposizione in
               Roma Appresso gli Stampatori Camerali, del 1598, la quale fornisce la
               conferma della presenza, insieme a quelle di altro tipo, delle minestre di
               riso come abitudine già consolidata fra la gente semplice; infatti la Dispo-
               sizione stabiliva che ai “viaggiatori a cavallo”, cioè a coloro che dovevano
               compiere  lunghi  viaggi,  i  locandieri  e  gli  osti  romani  dovevano  fornire
               sostanziose e nutrienti minestre d’orzo, piuttosto che minestre di riso o
               pasta, in quanto più delicate.
                    Nel XVI secolo, la minestra di riso non era solo citata nei testi di
               cucina dei grandi cuochi, ma era esaltata anche dagli ambulanti e girovaghi
               che la offrivano per le strade al popolo, come risulta dal Nuovo et ultimo
               ritratto di tutte l’arti che vanno vendendo per la città di Roma (Edizioni
               Remondini di Bassano) e gridando lanciavano il loro messaggio: “Io vo
               gridando sol per darvi aviso/che vender voglio per minestra il riso”.
                    Chi sorprende, per il numero di minestre con riso inserite nei banchetti
               offerti presso la corte papale e l’aristocrazia romana, in epoca barocca, è lo
               scalco Giacomo Colorsi, nel suo Brevità di Scalcheria. Infatti, fra le nume-
               rose minestre di ogni tipo, ne ha lasciate alcune raffinate, delicate e gustose
               a base di riso. Fra le più note ricordiamo: “Minestra di riso cotto nel bro-
               do grasso con ova dentro battute e cacio sopra; Minestra di riso passato,
               cotto con il latte d’amandole, zuccaro e cannella sopra; Minestra di riso
               cotto, con butirro, ova battute con cacio grattato sopra”. Il medico di papi
               e cardinali, Paolo Zacchia, nel suo interessante libro Il Vitto Quaresimale,
               del 1637, non dimentica l’importanza, nell’alimentazione, dei legumi, del
               farro e del riso che, “cotto col latte di mandorla… è di assai nutrimento”.
                    Il munifico cardinale Benedetto Pamphili, la cui mensa era una delle
               più raffinate di Roma, amava il riso. Consultando l’archivio della perso-
               nale Biblioteca Pamphili, si ha la testimonianza che, per un convito tenuto



             238                                                   Accademia Italiana della Cucina
   234   235   236   237   238   239   240   241   242   243   244