Page 222 - La cucina del riso
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Marche




                     Nelle Marche, la pesca in mare non ha interessato solo i pescatori pro-
                 fessionisti (attività maschile), ma un po’ tutte le popolazioni che abitava-
                 no vicino al mare, lungo i circa 180 km di costa. Si trattava soprattutto di
                 contadini-pescatori e di ortolani-pescatori, maschi e femmine, che pratica-
                 vano un tipo di pesca vicino alla costa, con nasse, trappole, tramagli ecc,
                 utilizzando piccole imbarcazioni. L’unione del pescato ai prodotti dell’orto e
                 del campo ha dato origine a numerose, originali ricette, che vanno a formare
                 un’importante componente della cucina di pesce marchigiana detta “cucina
                 orto-mare”. Fra queste, alcune minestre di riso in brodo di pesci, sempre
                 rigorosamente bianchi, non essendo quelli azzurri adatti al brodo: zanchette,
                 moscardini, pannocchie (cicale di mare), paganelli, merluzzetti (naselli), raz-
                 ze, testole (capone, gallinella), seppie, piccole anguille, granchi, molluschi.
                 Nel brodo ottenuto, in genere insaporito con un soffritto, tolti i pesci lessati,
                 da mangiare a parte, si cuoceva il riso (poco) aggiungendo vegetali e legumi
                 (molti), preventivamente cotti a parte come piselli, fave, fagioli, verze.




                 LA CUCINA EBRAICA ANCONETANA


                     Fin  dal  Medioevo  Ancona  ha  ospitato,  con  alterne  vicende,  la  più
                 numerosa comunità ebraica dello Stato pontificio dopo quella di Roma. Pur
                 nel rispetto delle numerose prescrizioni religiose, fra cui la suddivisione
                 tra gli animali il cui consumo è lecito e quelli vietati, i piatti quotidiani
                 hanno  sempre  rispecchiato  quelli  della  cucina  locale  basata  sull’utilizzo
                 delle materie prime del territorio. La comunità anconetana, fra l’altro, era
                 famosa per i suoi dolci, fra cui quello detto “precipizi”, simile alla cicer-
                 chiata marchigiana (palline di pasta fritta amalgamate con miele, poste su
                 un piano di marmo e tagliate a forma di torrone). I piatti di riso rispecchiano
                 soprattutto quelli della cucina ebraica sefardita, cioè degli Ebrei provenienti
                 dalla penisola Iberica. Fra i più noti, il riso fritto, dove il riso viene rosolato
                 a fuoco sostenuto (da cui il termine “fritto”), in grasso d’oca o in olio di
                 oliva, e poi finito di cuocere aggiungendo acqua, e condito con mandorle
                 spellate, tagliate a fette e uva passa, oppure con un soffritto di cipolle in
                 olio di oliva con l’aggiunta di zafferano. Nell’antichissima ricetta del riso



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