Page 22 - La cucina del riso
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Introduzione




                 bacino del fiume Po sono diverse e sono state discusse dal già citato Salarelli.
                     C’è innanzitutto un elemento storico. Durante la seconda metà del Quat-
                 trocento, gli Aragonesi si stabiliscono a Napoli, dopo averla conquistata. La
                 loro conoscenza del riso, come attestano le esportazioni del prodotto dalla loro
                 regione, è pluricentenaria, poiché, in quanto conti di Barcellona, controllano un
                 territorio storicamente vocato, in Spagna, alla coltivazione di questo cereale.
                     L’arrivo degli Aragonesi in Italia coincide con un rilancio del riso, uni-
                 tamente - e qui un secondo motivo di ordine sociale - a una forte espansione
                 demografica nella penisola. S’impone la necessità di sperimentare nuovi
                 alimenti in grado di garantire un’elevata resa per ettaro, onde scongiurare
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                 disastrose carestie .
                     Secondo un’ipotesi, formulata da Carlo Dominione e ripresa da Mas-
                 simo Alberini, le prime piante di riso sarebbero state messe a coltura dagli
                 Aragonesi nell’orto dei Semplici della Scuola Salernitana, attorno al 1440,
                 “di là, una ventina d’anni dopo, alcuni esemplari sarebbero arrivati nel Pisa-
                 no, sempre per colture sperimentali estese al Nord, dove, finalmente, fra
                 canali e ‘marcite’ - i prati irrigui - il riso avrebbe trovato la sua patria” .
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                     Rilevante il già citato dono che nel 1475 Galeazzo Maria Sforza fa ad
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                 Ercole I d’Este , e il fatto che suo figlio Gian Galeazzo proseguirà nella
                 politica agraria di diffusione del riso, emanando provvedimenti in modo che
                 le sementi non vengano esportate fuori dal ducato; inutilmente, però, dal
                 momento che “proprio in quel periodo cominciò infatti la diffusione della
                 coltivazione del riso in varie parti d’Italia, a cominciare dal Piemonte e dal
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                 Veneto” , ma anche nel Mantovano - nel territorio di Ostiglia innanzitutto
                 - dove i Gonzaga, in virtù dell’apparentamento con la casa d’Este, a seguito


                11  M. Morineau, Crescere senza sapere perché: strutture di produzione, demografia e razioni alimentari, in Storia
                dell’alimentazione, cit., pp. 449-464; 454. È interessante notare come anche in occasione della carestia del 1628
                descritta da Manzoni, il riso sia fra gli alimenti più soggetti al calmiere dei prezzi stabilito dal governo, segno di
                una notevole diffusione come alimento delle classi popolari, cfr. A. Manzoni, Fermo e Lucia, III, 5, in ID., Tutte
                le opere, a cura e con introduzione di M. Martelli, Firenze, Sansoni, 1973, pp. 444-456.
                12  M. Alberini, Storia della cucina italiana, Casale Monferrato, Piemme, 1992, p. 203. Il testo citato di C. Domi-
                nione è Il tesoro delle paludi, Pavia, Camera di Commercio, 1973.
                13  M. Zucchini, L’agricoltura ferrarese attraverso i secoli: lineamenti storici, Roma, Giovanni Volpe, 1967, p. 134; D.
                Paolini - M. Vuga, Dal riso ai risotti: cultura e creatività del made in Italy in cucina, Milano, Mondadori, 1999, p. 22.
                14  Ivi, p. 24. Sulla diffusione del riso in Veneto si veda T. Plebani, Sapori del Veneto: note per una storia sociale
                dell’alimentazione, in Le cucine della memoria: testimonianze bibliografiche e iconografiche dei cibi tradizionali
                italiani nelle biblioteche pubbliche statali, Roma, De Luca, 1995, vol. 1, pp. 207-224; 217.



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