Page 195 - La cucina del riso
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Emilia Romagna
A Piacenza, comunque, la cucina del riso non si esaurisce con la bom-
ba. Molto meno nobile, ma non meno gustosa e apprezzabile, è la minestra
di riso con le verze, piatto invernale, tradizionalmente inserito nei menu
dedicati alla carne di maiale: la minestra si impiatta con le costine, e richia-
ma alla mente il risotto con i codini di maiale. Altri piatti popolari sono il
riso e fegatini, il riso e polmone di manzo e da non dimenticare la torta di
riso alla bobbiese: un pasticcio di pasta sfoglia nel quale, a differenza della
bomba, il riso, lessato e condito con uova e funghi, costituisce il ripieno e
non l’involucro.
IN ROMAGNA IL RISO SI SPOSA CON LE VERDURE
Il riso che in alta Italia è fondamentale in cucina, in Romagna non ha
assunto la stessa importanza, nonostante che le risaie arrivassero fino alle
porte di Ravenna. La coltivazione del riso solo nel Cinquecento conquistò
le basse terre della Valle Padana, e, successivamente, interessò la Romagna,
nel Ravennate. Per quanto riguarda l’entroterra riminese, si può citare un
esempio storico che riguarda il complesso conventuale domenicano, dal-
le solenni linee architettoniche rinascimentali, posto sul monte di fronte
ai ruderi dell’antico castello di Pietracuta. Costruito nella prima metà del
1600, ospitò i primi frati domenicani provenienti da Rimini (1655 ca.) che,
oltre alla preghiera, si dedicavano anche alla coltivazione del riso nelle vici-
ne aree paludose del fiume Marecchia; una coltura poi vietata negli anni
Ottanta del 1600 dal Consiglio comunale di Pietracuta, per le gravissime
epidemie che colpirono i suoi abitanti.
A Cesena e dintorni, il riso, che in genere proveniva dalla provincia di
Vercelli (solo molto più tardi anche da zone più vicine), si andava a com-
prare nei negozi di granaglie. Una volta a casa, veniva passato chicco per
chicco per pulirlo, scartando i chicchi neri o i piccoli sassolini, poi, prima di
cucinarlo, era opportuno lavarlo. Cucinare il riso era più abitudine di città
che di campagna, anche se non di rado, soprattutto nei giorni di mercato, le
“azdore” romagnole ne facevano acquisti abbastanza consistenti.
Ingrediente non troppo costoso, era oggetto di gustose ricette, dai primi
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