Page 173 - La cucina del riso
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Friuli-Venezia Giulia




               generalmente cappone. Nel Manuale di Cucina di Katharina Prato, com-
               pendio della cucina mitteleuropea di metà Ottocento, di ampia diffusione
               a Trieste, erano già presenti numerose ricette a base di riso, sia minestre
               sia risotti, con verdure, carne o pesce. Particolare il risotto per i giorni di
               magro: “il risotto semplice si prepara con burro fresco e acqua salata, invece
               che con il brodo, e molto formaggio. Per migliorare serve l’acqua passata
               d’un pesce lesso senza aceto o limone, oppure l’acqua ricavata dalla cottura
               di pesciolini (minutaglia) lessati con verdure e passati per lo staccio”. Da
               segnalare anche la ricetta delle salsicce di riso: “al riso soffritto e freddato
               s’aggiunge mescolando carne di vitello trito e un uovo. Se ne stendono pic-
               cole porzioni sopra cialde per formar delle salsiccette, che involte nell’uovo
               si friggono nel burro”.
                    Francesco Babudri, nel testo già citato, ricorda anche “un’eterogenea e
               strana mescolanza di elementi mangerecci”: i risi, bisi e fragole, che con il
               loro bianco, verde e rosso, si contrapponevano al giallo e nero della polenta
               con le seppie: i colori della bandiera italiana e di quella austriaca inseriti in
               una sorta di “politica gastronomica” dei nostri nonni. Si sofferma poi sulla
               zuppa di risi e bisi, minestra ufficiale della Serenissima, amata anche dagli
               istriani e dai triestini, fatta rigorosamente con i “bisi de Capodistria”, che
               era anche “zuppa di largo uso a bordo della marina austro-ungarica”. I suoi
               marinai, per la presenza quasi quotidiana nel rancio, solevano dire “un gior-
               no risi e bisi, e l’altro bisi e risi”. Descrive anche una “zuppa delle grandi
               occasioni”, preparata con “riso e figadei, entro un brodo sostanziosissimo
               e denso, da tagliare con il coltello, fatto di bue, teste, ale e zate di polo e di
               dindio”.
                    Nelle vecchie tradizioni del Carso triestino, come riportato da Vesna
               Gustin, studiosa dei suoi costumi gastronomici, per la cena dei giorni di
               nozze il piatto più usuale era il risotto con la gallina. Molto particolari e di
               chiara influenza istriana le nocelle di riso in brodo.
                    Un’altra preparazione caratteristica di questo territorio è il risotto con
               le erbe del Carso. Mady Fast, nel suo Mangiare Triestino, ricorda che la
               ricetta è stata codificata e introdotta, a partire dalla metà del secolo scor-
               so, nel menu dell’“Antica Trattoria Suban”, locale storico d’Italia, fondato
               nel  1865.  Si  impiegano,  secondo  disponibilità,  mentuccia,  timo,  salvia,



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