Page 124 - La cucina del riso
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Lombardia




                 rituale nei pranzi di nozze, a salvaguardia della coppia, in quanto la rana si
                 riteneva legata al mondo della stregoneria. La ricetta lomellina si differen-
                 zia da altre analoghe per la cottura della rana che consente di ottenere un
                 brodo ricco, da usare nel risotto stesso.
                     Se il risotto con i funghi, freschi o secchi, è noto in tutta la Lombardia,
                 dal Pavese alla Brianza è popolare il risotto con la lugànega, tipica salsiccia
                 (lucanica) il cui etimo si dibatte fra Lucca e la Lucania. Nella salsiccia,
                 spellata e rosolata in burro, olio e cipolla tritata, si tosta il riso (Carnaroli
                 o Vialone nano), lo si bagna con vino bianco sino a evaporazione, poi si
                 aggiunge gradualmente brodo bollente di carne. Si cuoce per 15 minuti e, a
                 fuoco spento, si manteca con formaggio grana giovane grattugiato. Anche a
                 Cremona si prepara un risotto con la lugànega, unendo però funghi chiodini
                 e zucca. In loco, la zucca, sola o con amaretti e mostarda, serve per un altro
                 risotto che ricrea il sapore dei tortelli di zucca, in una piacevole combina-
                 zione tra dolce e salato.
                     Da Cilavegna a Cantello, dalla Lomellina al Varesotto, è pregiato il
                 risotto  (bianco)  con  l’asparago,  prodotto  in  quei  luoghi,  che  lascia  nel
                 palato un aroma leggero e nel contempo molto persistente. Caratteristico è
                 anche il risotto con la scorzonera, detta anche radice di Soncino (coltiva-
                 ta nel Bresciano e nel Cremonese), dal sapore delicatamente amarognolo.
                 Ogni anno, al tempo della raccolta, a Soncino c’è una fiera che la propone
                 cucinata in diverse maniere. Altri buoni risotti del Cremonese sono quelli
                 con i carciofi e con le salamelle.
                     Le cime di luppolo (usate a Lodi in minestra con “i urtiss”, in risotti del
                 Milanese e di Pavia, risòt cui uvärtiss) sono apprezzate nel risòt coi loertis
                 bresciano, che a Cremona diventa cui luertìis.
                     Pure bresciano è il risotto alla pitocca (risòt pitòch). Il nome, più che a
                 un risotto dei poveri, allude al gusto popolare per i piatti ricchi di sostanza.
                 Pulito, disossato e tagliato a pezzi un pollo novello, si lessano in due litri
                 d’acqua, schiumando spesso, la testa, il collo e le ali insieme con una cipolla
                 steccata con chiodi di garofano, due carote tritate, un gambo di sedano, uno
                 spicchio d’aglio, una foglia d’alloro, un porro, pepe e sale, in modo da otte-
                 nere un brodo saporito. A parte si indora in burro e olio una cipolla tritata,
                 vi si rosolano la carne e il fegato del pollo, bagnando con vino bianco secco



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