Page 116 - La cucina del riso
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Lombardia




                 di castagne è cominciata prima, invece, nelle montagne intorno al Lago
                 Maggiore, ove tuttavia la vivanda è solo un ricordo.
                     Ancora in Valtellina, è singolare la storia di una minestra per l’anti-
                 vigilia di Natale: fatta con il latte e la farina di segale, condita con lardo e
                 formaggio, nota a Bormio sin dal ’600 e in Valdidentro detta sc’péch (dal
                 tedesco speck, “lardo”) e poi sempre usata a Pedenosso. Ora è un piatto di
                 magro, il riso ha sostituito la segale, il nome è rimasto anche se non c’è più
                 traccia del lardo.



                 “MARITAggI” CON CARNE E vERdURA


                     Nell’Ottocento, il dialettologo Cherubini elenca trenta “maritaggi” mila-
                 nesi, come ris e curadèla, ris in erbiun (con i piselli), ris in erburin (con il
                 prezzemolo), ris e verz fra le più povere e popolari minestre. Salgono di ran-
                 go, nel grande compendio del Cougnet, le minestre alla milanese con erbette,
                 fegatini di pollo, polmone, luppoli, cavoli, rape e si distingue il minestrone.
                     A Mantova, l’uccisione del maiale e la preparazione di salami e cote-
                 chini propiziavano la cena con una ricca minestra: si bolliva il riso in brodo
                 di carne, non troppo abbondante, con un cucchiaio di concentrato di pomo-
                 doro e, verso la fine, si aggiungeva l’“impiömm”, pasta fresca di salame,
                 con olio e formaggio grana. Nelle campagne di Cremona, a fronte d’un
                 massivo predominio della polenta di mais, i contadini più agiati si permette-
                 vano minestre di riso in brodo con fagioli, cavoli, fave e, sovrabbondanti, le
                 zucche. Divennero piatto fisso due o tre volte la settimana, in alternanza con
                 la minestra di pasta fresca, raramente con uova. Per un paio di mesi si dispo-
                 neva di brodo di carne (manzo, pollo, maiale) o di salame, poi all’acqua si
                 aggiungeva solo qualche cotica di lardo o olio di lino, con cipolla o aglio.
                 In tavola era uso, specialmente tra gli uomini, di aggiungere un bicchiere
                 di vino rosso. Un gradino più in su nella scala sociale poteva assicurare la
                 disponibilità di lardo e grasso d’oca, di riso e verze con fegatini di pollo o
                 con un trito di carne. Riso e verze matte ripeteva la minestra già descritta
                 per il Mantovano, per l’uccisione del maiale. Al “pesto” di maiale, si poteva
                 aggiungere vino rosso formando un tipico “sorbir”. Buone minestre sono



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