Page 112 - La cucina del riso
P. 112

Lombardia




                 in poi, la strada restò sbarrata dalla polenta di mais. Una piaga sociale si aprì
                 con l’impiego, nelle risaie, di mondine provenienti da ogni dove, giovani
                 donne tenute lontano da casa per quaranta giorni, sottoposte alla sfibrante
                 fatica di liberare il riso dalle erbe infestanti, con i piedi per ore nell’acqua.
                 A lato cresceva l’industria, per pilare il risone che era stato battuto sull’aia:
                 pilaie, “piste da ris” e “pilotte” si trasformarono in riserie, industrie mecca-
                 nizzate, spesso lontane dal luogo di produzione.
                     La cucina di guerra, per necessità di limitare le importazioni di gra-
                 no, privilegiò il riso di produzione nazionale; un manuale anonimo della
                 Tipografia  sociale  di  Cremona,  nel  1916,  consigliava  la  minestra  con  le
                 zucchine e gli arancini (con carne di seconda qualità per l’intingolo), budini
                 e timballi dolci di farina di riso. All’inizio degli anni Trenta la politica autar-
                 chica puntò sul doppio fronte della “battaglia del grano” e della propaganda
                 del riso, fatta dall’apposito Ente Risi, creato appunto nel 1931, che diffuse
                 ricettari qualificati e una pubblicità capillare. Contribuirono gli epigoni del
                 movimento futurista, che da tempo combattevano contro la “pastasciutta”
                 difendendo il riso “nazionale”.
                     Nell’ultima guerra, vaste aree del Nord sopravvissero grazie al riso
                 del mercato nero. Alla frontiera con la Svizzera, il vecchio contrabbando di
                 tabacchi e caffè, dal Nord, lasciò il passo a quello del riso, dal Sud. Le don-
                 ne dell’alta Valtellina scendevano in pianura a procurarselo, gli “spalloni”
                 lo trasportavano poi oltre confine; complici i ferrovieri, le stazioni di valico
                 furono i terminali di più agevole frode.



                 LE MINESTRE


                     Sulle tavole di corte nel XV secolo, il riso viene preparato “in bianco”,
                 nel “biancomangiare”; come contorno, e, specialmente, come dolce spezia-
                 to, cotto nel latte.
                     Al riso si accompagnano latte di capra, latte di mandorle, e brodo. Inte-
                 ressanti le “menestre de bianco mangiare a la catelana” che indicano il dif-
                 fondersi d’una cultura mediterranea, una condivisione che va dalla Spagna
                 all’Italia, peraltro in gran parte sottoposta ai re cattolici. Il Platina, seguendo



                Itinerari di Cultura Gastronomica                                        111
   107   108   109   110   111   112   113   114   115   116   117