Page 51 - Vita di Lionardo Vigo
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E i su oi tempi                   1 0 9


            Che  Dio  stesso  dentro  il  core
             Di sua mano ne stampò:
             Fiamma,  gel,  gaudio,  dolore
            Vi trasfuse, e ne segnò.
             Io  la  cercava  con  l'ansia di u n   assetato,  e  quando  la  vedea,  non
          visto  da  essa,  era  per  me  una  beatitudine  i n esprimibile,  ma  se
          essa mi vedea,  se  mi  facea un  cenno  degli occhi  soavissimi,  se  un
          inrerno  fuoco  le colorava  instantaneameme le guance,  io ero  per­
          duro.  fuggiva,  e  non  avea  forza  di  resistere  alla  fo  r za  magnetica
          dell'aspetto  ammaliante,  come  non  può  la nostra  pupilla resistere
          alla  vivida  pienezza  della  l u ce  del  disco  solare.  Fuggiva,  e  tor­
          nava a  cercarla  per  fuggi r la altra  volta;  e  in  quest'alternativa  con­
          sumava  me  stesso  i  giorni ed i  mesi.
             Essa  per domestici  affari  ogni  sera  tra  l ' ora  una alle due  della
          notte iva in una sua canova p r ecedu t a da una fantesca col lume; non
          io  mancai sol  una volta a  quel luogo  e  a  quell'ora,  e  alla  vista del
          lume,  al  tintinnio  delle  chiavi,  mi  balzava  il  cuore  in  peno  per
          gioia.  L'inconsapevole,  compiuti  i  suoi  bisogn i ,   ritornava  in  fa­
          miglia.  Non  poche  notti vegliai  sulla  soglia  esteriore  di  casa  sua,
          e  m'era  delizia  il  pensare  ch'essa  dormisse  lì  dentro  placidi
          sonni,  e  mi  muovea  pianissimo  q u asi  avessi  potuto  svegliarla,  e
           una  volta  mi  ritirai  co'  piedi  n u di,  temen d o  d i   fare  strepi t o;  a
           tanto  giungeva  la  mia  i m  maginazione!  Essa  u n   giorno  gittò  da
           una finestra  un  pezzo  di  vetro,  un'al t ra  de'  capelli,  ignorava  esser
           io  colà  a  batter  l ' aria  da essa  ali t ata,  il  vetro  e  i  capelli  sono  an­
          cor  meco  e  m  i   sono  stati  viatico  nelle  mie  peregrinazioni.
          Venuto  l'agosto  fummo  alla  marina  pe'  bagni ,   quindi  alla  vil­
           leggiatura,  quindi  nel  novembre  in  città:  io  la  vidi  sempre  quasi
          ogni  giorno,  le distanze  me  ne accrescevano  il desiderio ed  io  mi
           facea  più  celere  quanto  p i ù   erano  maggiori.  q u asi  con  la  legge
           della  caduta  de'  gravi.
             Non  é  da  dire  le  mie  estasi,  né  le  l u nghe  ore  perdute  restan­
           tomi  appiattito  dietro  un  m  u ro  nella speranza  di  vederla  passare
           o  affacciarsi  ad  una  fi n estra.  Il  Costarelli  in  ciò  mi  sovveniva  be-
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