Page 42 - Vita di Lionardo Vigo
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1 0 0                    Lionardo  Vi g o

         cica,  presso  i l   Padre  Domenico  Clemente,  dolcissimo  sessagena­
         rio,  vaiuolato,  rubicondo  appena,  appena  bleso,  che  muoveasi  e
         parlava  pianissimo,  dono  nella  scienza  delle  quantità,  i n genuo.
         illibato,  e  perciò  irriso  e  deriso  era  i  suoi  con fr atelli,  concilia­
         bolo  di  lupi e  volpi.
           S t udiava  quelle  scienze,  ma  n o n   d i mettava  gli  ameni  scudi,
         anzi  per  lo  stimolo  dell'  Accademia  Peloritana,  alla  quale  era
         sempre  invitato,  vieppiù in  essi  mi sprofondava.
           Un  Discefano  l i b r aio  mi  essiccava,  di  accordo  co'  prefecc i n i .
         vendendomi  i  libri, che g l i   venivan  d'  Italia a  prezzi  d a   far orrore
         a  un  giudeo:  io faceva danaro  di  tutto.  mi  p r ivava  di  c u cco,  rinca­
         riva le  noce a  mio  padre  e  versava  i  miei  gruzzoletti  al  Discefano:
         così  leggea,  leggea,  leggea.  e  più  leggeva,  p i t 1  ne  avea.  non  che
         voglia,  ma  rabbia.
           I n   quel tempo  si  riunì straordinariamente  la  peloritana  per ce­
         lebrare  il  racq u i s c o    del  regno  d i    Nap o l i ,    farro  dal  re
         Ferdinando,  ed  io  invitato  scrissi  l'  i n n o:  Vieni o prode,  ecc.  inno
         eh'  è  un  miracolo, se si  riguardi esser solo due anni dacchè  m'  era
         messo a studiare.  Di  quesc'  inno parlerò  poco appresso  perchè  vo­
         glio  chiudere  la  m  i a   vira  di  collegiale  della  q u a l  sento  noia
         oramai.
           Non appena il  Padre Noto fu  rettore perpetuo e  s ' i n fatuò  nelle
         visioni  episcopali ,   si  volse  ad  ammassar  denaro  e  a  m  u ngere  e
         smungere  noi  sue  sventurate  spugne.  Ci  stremò  con  il  vieto.  ci
         spingea  cucci  a  villeggiare  a  casa  nostra ,  non sorvegliò  più  né gli
         scudi,  né  la  morale,  né  il  galateo,  cessarono  le  comparse  pubbli­
         che, e  l ' i ncero  andamento  del Collegio  fu  così  tramutato,  da  non
         più  riconoscersi. Allora avven n ero  due fatti  rumorosi,  per cui  fu
         distrutta  ogni  simpatia  fra  noi e  il Rettore.
           Una  mattina  ci  servirono  a  colazione  ciriegie,  nella  mia  ca­
         mera eravam  1 6 ,  eppure quelle portataci  non  bastavano  a  3; io  le
         rifiutai  e  mandai  un  cameriere  a  comprarne  alla  piazza;  gli  altri
         mormorarono  e  rifiutarono  parimenti.  Al  p r anzo  I '   aspetto  del
         Rettore  era  rann u volato,  rutto  progredì  i n   regola,  ma  q u ando  ci
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