Page 41 - Vita di Lionardo Vigo
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E i suoi tempi                     99

          quel  santo  vecchio  ebbe  la  degnazio n e  d i   far  al  Medici  il  mio
          elogio,  e  di  raccomandarmi  a  l u i   vivamente.  M  a   io  non  me  ne
          valsi,  né vidi più i l   Medici, né vivo,  né morto.
            Dopo  la venuta  del  re cominciammo  a veder napolitani, che ci
          abominavano,  q u anto  noi  li  disprezzavamo:  che  ci  chiamavano
          inglesi.  come  noi  m u r a t tini.  E  veramente  allora,  S i cilia,  e  p i ù
          Messina  erano  i n glesi:  si  vestiva  alla  fo  g gia  d i   quei  f e lici  e  po­
          tentissimi  isolani .   non si usavano  che arredi loro.  e  si  gareggiava  a
          far  la scimmia agl'  inglesi;  non parlo  delle donne,  le  quali  li  pre­
          f e rirono  tanto  da  i m  biondire  la  sicula  razza  mezzo  africana.  Ma
          io  di  tutto  questo  anglicanismo,  m'  i n vaghia  solo  degli  esercizi
          militari ,  de'  magnifici  cavall i ,   della  navi  commerciali  e  guer­
          riere ,   e  delle  avvisaglie  diururne,  che  avvenivano  fra  i  nostri  e  i
          francesi  nelle  acque  del  Faro.  I l   rimbombo  del  cannone  era  la
          mia  delizia;  e  quando  da  Forte  Cavallo  le  continentali  palle
          giungeano a noi o viceversa,  io ne sentiva un' allegrezza da non po­
          terla  significare  a  parole.  Ma  dopo  la  reclusione  di  Bonaparte  a
          S .   Elena,  i  signori  i n glesi  non  abbisognando  p i ù   della  S i cilia,  ci
          diedero  un  calcio,  con  l '   istesso  affetto  di  come  ci  avean  dato  I '
          abbraccio,  c i   consegnarono  anima e  corpo  e  legati  mani  e  piedi a '
          napolitani ,   ci  videro  spogliare  d i   o g n i   nostro  d i ritto.  della  no­
          stra  politica  esistenza,  e,  vera  anima  da  pirati,  tornarono  a  veleg­
          giar  nell'  oceano.
             I l   re  con  sapiente  consiglio,  conoscendo  q u ando  il  Padre
          Giuseppe  Noto  avesse  giovato  al  Collegio.  lo  creò  Rettore  per­
          petuo:  questo  decreto  arrecò  la gioia in  Messina.  e  il Collegio in­
          tero  se  ne  congratulò.  M  a   quel decreto  fe'  dar la volta  al  cervello
          del  povero  Padre  Noto,  e  distrusse  il  Collegio.  Non  sognò  che
          di  esser  creacò  vescovo,  né  a  quesro  si  arcenne,  si  credé  già  ve­
          scovo,  e  farcasi  una  ricca  mitra  se  la  p r ovava  allo  specchio  gri­
           dando  con  continuo  i n tercalare:  San M a rco  che mi sta  bene! Noi
           conoscevamo  q u esce  aberranze,  ma  gli  volevamo  tanto  bene,  da
           non f a rne caso.
             lo  già  ero  passato  allo  studio  della  fi l osofia  e  della  materna-
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