Page 34 - Vita di Lionardo Vigo
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        sia  gabbamondo,  o  biscazziere,  o  punaniere,  o  tartufo o  usuraio
         ecc  ...  Quand'  io  la  facea da Telemaco,  il Padre De Franchis  non
         so  per  qual  suo  cicchio.  ordinò  eh'  io  fossi  posto  sulla  siniscra;
         quesc'  ordine  pazzo  affl isse  me,  e  più  i l   Maestro  di  scherma,
         giacchè  in  quella  posizione  gli  spettatori  non  avrebbero  potuto
         scorgere  la  mia  guardia  e  r u tti  i  giochi  della  mia  spada.
         Ricorsero  al  Rettore.  i l   q u ale  dapprima  die'  ragione  al  De
         F r anchis;  allora  io  dichiarai  f e rmamente  che  sarei  rimasto  figlio
         di  Pasquale Vigo,  e  non  mi  sarei finto  figlio  di  Ulisse  e  il  Padre
         De  Franchis  mi  rispose che  una  cosa  sola  era  necessaria,  a  cui  io
         risposi  che  neppur q u ella a  cui  alludeva,  e  gli  ricordai  i  versi  del
         poeta:
              e  il poveretto  non potendo pive
           Calò  le  brache  in  mezzo  della gente,
           e  fe ce  in  piazza le occorrenze sue;
           E sì dicendo tornai a'  miei libri,  e  fu  per andar in  fumo  la  pan­
         tomima.  Il  Rettore  ben  avvisandosi  eh'  io  era  i n r emovibile  nel
         mio  proposi t o,  mi  dié  ragione,  e  così  collocaco  alla  diritta  del
         palco  scenico  tornai  ad  esser Telemaco.
           Li  primi  due  anni della  mia vita  nel  Calasanzio  furono  per  me
         una  delizia,  immerso  nello  studio.  come  un  palombaro  in  mare,
         mi arricchivo  di conoscenze e  tornai  ad amare  la vita  e  a  goderne.
         Ebbi  pochi o  nessun  castigo,  e  sempre  meritaci  e  con  amore,  non
         per  odio  e  con  facce  da  basilisco;  però  q u ei  castigh i   eran  utili.
         Era  nostro  Prefetcino  un  don Santo  P i r rone da  Barcellona,  prete
         alto,  svelto  e  nel  tutto  buono  poco  istruito  e  che  poco  voleva
         1scru1rs1.
           Or avvenne che un  giorno  un tale don  Paolo C  u mbo  ,  antico
         collegiale,  che  poi  dopo  il  1 8 48  ha  avuto  in  mano  la  somma
        delle  cose  in  S i cilia,  e  che  allora  abitava  nel  s u o  palagio  in
        Messina,  rispondente  internamente  a'  balcon i   della noscra  came­
         raca,  si  affacciò  dalle  sue  s t anze  e  chiamò  il  nostro  Prefettino,  e
        appena  costui  si  f e ce  al  balcone,  gli  dimandò  in  p r estanza  I'  uffi­
        zio,  al  che  don  Samo  rispose  esser  p r onto  a  darglielo.  S u bito
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