Page 30 - Vita di Lionardo Vigo
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         cena,  nella  quale  il  M  u smeci,  eh'  era  giovane.  baciando  e  riba­
         ciando  i  larghi  calici  del  buon  vino  della  Mastrissa,  si  ubbriacò
         come  un  tedesco,  e  vi  fu  da  ridere  per  rutta  la  notte.  Colà  rice­
         verti  e  carezze  e  doni  dalla  zia,  a  me  gratissimi,  perchè  i n soliti
         per  me  i n   casa  Vigo,  e  d'  allora  mi  è  sempre  ri masta  affettuosa
         memoria  per  q u ella  r i veri ta  i m  magi ne  di  mia   madre  .
         Pervenuto  a  Messina  fu  i   presentato  al  Rettore,  e  q u indi  vestito
         alla  Calasanzio  dopo  di  esserlo  staro  alla  Curelli.  I l   Rerrore  era
         un  uomo  di  mezza  età.  magro,  olivigno,  capelli  e  occhi  neri  viva­
         cissimi  e  penetranti,  naso  grandetto,  denti serrati,  l ' i n t era  sua  fi­
         gura  esprimea  vigilanza,  penetrazione,  fortezza  con  u n   soffio  di
         superbia e  u n   pizzico  d'  amor proprio senza di cui  gli  uomini  sa­
         rebbero  talpa.  Egli  sapeva  alquanto  dc'  farri  m  i ei,  ma  non  era
         gonzo,  però  se  ne  rise;  mi abbracciò,  mi baciò,  cosa  che  non  ave­
         van  mai  fatto  né  i  maestri  nè  i  Rettori,  ed  i o   m  i   gettai  fra  le sue
         braccia  chiamandolo secondo  padre  mio,  e  le  sue  vestimenta  non
         puzzavano come quelle  de'  P.P. del!'  Oratorio,  e  quesro  mi  pro­
         dusse  u n   senso  d i   piacere.  Qui n di  m'  i n terrogò  di  q u ello  che  io
         sapeva,  ed io  candidamente  gli  con f essai  - n u lla  - e  lo pregai  cal­
         damente  di  mandarmi  alla  scuola  di  grammatica,  volendo  io
         studiare  merodicamenre  e  davvero.  Egli  tacque,  mi  guardò  fissa­
         mente  negli occh i ,   e  poi  aperse  un  Orazio. e  m'  i n vitò a  leggere  e
         a  spiegare.
            Ubbidii,  e  non  per  forza  di  cognizione  di  latino,  ma per  forza
         d'  ingegno  spiegai  un  periodo  meno  di  una  parola,  e  questa  si  fu
         aequus,  eh '   io  confondeva  con  equus.  M  i   fu  r on  vani  i  suoi  aiuti
         sempre  replicava  cavallo,  conoscendo  non  esservi  senso  e  dichia­
         randolo.  I l   Rettore  tornò  a  pensare,  mi  noromizzò  l'  i n t elletto
         con  un  colpo  d'  occhio,  e aggiunse  - andrete ali' umanità dal Padre
         De  Franchis.  F u   q u esto  per  me  u n   fulmine,  p r egai,  scongiura i ,
         pians i ,   mio  padre  si  affaticò  meco,  r u tto  i n utile,  fui  guidato
         nella  Camera  de'  grandi,  e  I'  indomani  dal  Padre  De  F r anchis.
         Mio  padre si  trattenne altri  pochi giorni  in  Messina,  mi  confidò
         al  Padre  G  i r olamo  M  u sumeci  monaco  m  i norira  per  i  bisogni
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