Page 29 - Vita di Lionardo Vigo
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E i suoi tempi                     87


          maliata  o  magnetizzata  da  q u ell'  angelica  creat u ra.  D'  allora  la
          rividi  p i ù   volre,  ma  il vederla  o  non vederla  era  per  l'  anima  mia
          I'  istesso,  i n t endo  per  I'  effetto  cagionato  nell' anima  m  i a,  perchè
          I'  avea  tanto  stampato  nel  cuore  e  nella  mente,  che  dormendo  e
          vegliando,  al  b u io  e  al  l u m  e, vicino  o  lontano  la  vedea  sempre  e
          non vedea  eh'  essa  sola fra  tutti i  viventi.  Io  allora non sapea  cosa
          fosse  I'  amore,  e  giuro  che  non  mai  l '   amai  come  cosa  corporea,
          ma  come  soprannaturale essenza,come  si  amano  gli  angeli ,   come
          sempre  ho  amaro  ed  amo  disvisceratissimamente  la  povera  ma­
          dre  mia;  non  sapea  cosa  fosse  amore  e  pure  quella mia  passione
          era raie, da estimar  freddure quanto  il  Petrarca  scrisse di Laura.
            Non me n '   era accusato al confessore, perchè non  l'  ebbi  mai per
          peccato,  e  con  quell'  incendio  nel  cuore  stiedi  nell'  Oratorio,  nel
          Curelliano.  e  quando  riparriai da  Catania  mi  parve Aci  più bella
          e  cara  perchè trovai q u ell'  Unica alta, vispa,  grandetta e  più  bella
          di  come  I'  avea  lasciaro.
             Essa  mi  fu  m  u sa,  e  inspirato da lei scrissi a  fasci e  odi  e  sonetti
          e  dialoghi  ed  elegie,  che  rutri messi alle  fiamme  quando  conobbi
          quanto  valessero.  Se  noi  fossimo  nel  secolo XIV  io  qui  consacre­
          rei  quel venerato  nome,  ma se a'  tempi  di  Dante  e  di  Petrarca  era
          lecito  e  onorevole  amare  nobilissime  donne  ad  altri  congiunte,
          senza  disdoro  delle  loro  famiglie  e  de'  loro  mariti  e  figli,  nel
          nostro  paese  che  tien  della  Corsica,  e  ne'  tempi  attuali  questo  a
          costumato  uomo  disdice,  e  q u ant u nque  tra  me  e  l '   Unica,  (  che
          così  la  chiamerò  sempre  )  non fosse  stato  n u lla  che  onestissimo,
          anzi santissimo stato  non sia, e  la mia  divora e  fervida osservanza
          per  essa  non può  che  onorarla,  giusta  il  mio  saldo  proposito,  ne
          tacerò  semp r e  il  caro  e  riverito  e  dolcissimo  nome.
            Accompagnato  da  q u esr'  angelo  mio  custode,  che  dopo  mia
           madre  ho sopra  tutte  amaro  quante  siano  le  figlie  d i   Eva,  mossi
           per  Messina  nel  1 8  1 3  in  compagnia  del  mio  b u on  padre,  del
          Barone M  u smeci,  del  Barone Scudero  e  di  altri  nobili  signori.  A
           mezza  via  riposammo  a  Taormina  i n   casa  dalla  sorella  di  mia
           madre  presso  i  S i g nori  Zuccaro,  ove  fummo  serviti  d i   una  lauta
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