Page 31 - Vita di Lionardo Vigo
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E i suoi tempi                      89


           straordinari,  tornò  i n   Aci,  ed  io  rimasi  nel terzo  Collegio.
             Per esser breve  quanto  mi .sarà  possibile.  dico  solo  che  avendo
           io  f e rma  e  decisa  volon t à  di  studiare,  e  non  essendo  avvilito.  bi­
           strattato o  ingiuraro come i n   f a miglia per punir  me di non essersi
           fatto  sacerdote  mio  padre .   come  nell'  Oratorio  per  le  cose  sopra
                                                    '
           dette,  e  come  in  Catania perchè acirano,  m immersi a  tutt'  uomo
           negli  s c udi,  e  i n   poco  tempo  raggiunsi  i  miei  condiscepoli .   e
           scrivea  non  pessimi versi  italiani  e  latini.  Ma  il  difetto  consistea
           nell'  organizzazione  letteraria  del  Collegio,  e  però  da  lì  potevan
           solo  uscir  letterati  superficialissimi  ,  e  null'  altro,  ancor  eh'  io  mi
           fossi stillato  i n   un  lambicco  al posturrn  non sarei  riusciro  che  u n
           Padre D  e   Franchis,  cosa tanto meschina d a   far compassione a qua­
           l u n q ue  uomo  di  testa  soda.  I l   Rettore,  che  chiamavasi  Giuseppe
           Nota  ed  era  palermitano,  conoscea  bene  il  latino,  mediocre­
           mente  l '   italiano,  ma  avea  gusto  squisito;  il  Padre  De  F r anchis
           sapea  quel che il Rettore,  ma non avea  gusto;  ma il  Rettore Noto
           non  dava  lezioni  se  non  in caso di  malattia del  suo maestro:  rutti
           cesarottiani  e  col  pregiudizio  in  testa,  che  bastava  apparare  il  la­
           tino per sapere I'  italiano.  Oltre a quesro ci mettevano  in  corpo  un
           poco  di  matematica  e  così  detta  filosofia,  e  lasciandoci  digiuni
           di  ogni  altra  umana conoscenza,  ci  dichiaravano  baccalari.  Ed  io
           appresi  i l   loro  latino,  il  loro  italiano,  la  loro  filosofia  e  la  loro
           matematica  fui  ten u to  per saccente,  e  uscito  dal  Collegio  dovetti
           rifar  da capo  tutti  i  miei  studii,  come  un  turco  che  si  battezzi.  Il
           trovato  più  utile.  benchè  crudelissimo  perchè  si  studiasse,  e  del
           quale  io  trassi  immenso  beneficio,  erasi  di  obbligare  tutti  i  con­
           vittori,  ed  eravamo  7 5 ,   a  porrare  a  tavola  i  nostri  libri:  lì  im­
           mancabilmente  il  Rettore ne chiamava  uno  a  pra n zo,  appena  pro­
           nunziato  un  nome,  gli  altri  tutti  allegri  pel  pericolo  scampato
           davansi  a  satisfar  l'  appetito,  che  non  manca  mai  a'  giovanotti,  e
           quell'  uno  con  i  suoi  libri  sotto  I '   ascella  doveasi  presentare  a
           mezzo  il  Refettorio,  ove  stava  una  tavola  col  calamaio,  e  lì  dovea
           rispondere  a  tutte  le  dimande  del  Rettore  presente  l '   intera  co­
           munità.  Se  si  facea  onore,  era  pubblicamente  encomiato  e  rega-
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