Page 32 - Vita di Lionardo Vigo
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         lato  di  un  q u arto  piatto,  se  no,  restava  lì  a  mangiar  pane e  acqua
         con le gatte.  Questo  santo  martirio  facea correre anche gli  scian­
         cati.  Io  giunsi  a  tale  da  assistere  alle  tornate  solenn i   dell '
         Accademia  de'  Peloritani  e  d i   n o n   esservi  d i spreggiaro,  e  i l
         Rettore  m  i   proponea  agli  alrri  nelle  solenn i   rag u nate.  Colà  ap­
         presi  il  francese  da  un  M.  Domen i co  Giulì,  pagandolo  di  sacca
         mia;  avrei voluto  la m  u sica.  ma  non  mi  fu  concesso;  avrei  voluto
         la  pittura,  n'  ebbi  facolrà,  ma  il padre  mio  trovandosi  creditore
         di  un  certo  D.  Nanai  p i t tor  da  sgabelli,  me  lo  addisse  ed  io  co­
         noscendo di n u lla poter apprendere da lui, e  di  non  poterne avere
         uno  ragionevole,  feci  la  volontà  di  D  i o,  e  ne  deposi  il  pensiero.
         Per questi ostacoli io  non  conosco  ugualmente la  musica  e  la pit­
         tura  come  la  poesia.
           Al  solito  n o n   amando  il  ballo,  assisteva  alle  lezion i   svoglia­
         tamente,  e  rutto  il  tempo  s u perfluo  lo  dava  alla  scherma;  il
         Collegio  ne dava  u n   maesrro,  un  altro  me  lo  pagava  mio  padre,
         un  terzo  io su'  miei  piccoli  risparmi ,   talché  io  aveva  tre  maestri
         di  spada.  In  s i fatto  modo  e  giocando  in  tutte  le  o r e  di  ricrea­
         zione,  ottenn i   di  poter  l u ngamente  attendere  agli  studi senza  bi­
         sogno  di vani passeggi:  ottenni di  rinvigorir la mia macchina non
         poco  guasta  dal!'  utero  materno e  sempre  più  logoratasi  da'  cre­
         pacuori  sofferti  in  fa  m  iglia e  nell '   Oratorio  e  nel  C  u r elliano, e  d i
         acqu i stare  u n a   flessibilità  e  agilità  d i   membra  tale  che  la  mercè
         di quegli esercizi mi sento e sono ancor giovane quantunque siano
         bri n aci  i  miei  capelli .   Colà  non  si  usciva  che  le  feste,  il  giorno
         soltanto  e  quante volte il tempo era bello,  ma noi  tra lo  studio,  i l
         ballo,  l a   scherma  e  i  dilettevoli  trattenimenti  permessi  dal ! '   isti­
         tuto,  non  sentivamo  i l   b i sogno  di andar vagando  per la città.  M  '
         ero  i o   fatto  s ì   destro  nel  maneggio  della  spada  d a   battermi  con­
         tro  1 5    ,  chè  tanti erano i  miei  compagni  di  camera:  e  nelle  pub­
         bliche accademie,  i n vitato,  non ero  vinto che rado  e  da maestri.
           Così  in  una  grande  e  romorosa  accademia tenu t a  dagli  u f fìziali
         di  vascello  americano  nel  Collegio  Gesu i tico,  ov'  oggi  é  1 '
         Università,  i o   cessi  solo  a l   cav.  Andrea  Trigon a   d i   P i azza,  che
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