Page 28 - Vita di Lionardo Vigo
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          Quand'  ero  i n   con c umacia essa  formava  la  mia delizia:  nella  terza
          primavera  non  tornò  più o  perchè  dopo  allevati  i  figli  restò  con
          essi,  o  perchè  la  rapi r ono  i  miei  colleghi,  del  che  spesso  m  i   mi­
          nacciavano.
            Ma  poteva  io  coesistere  co'  miei  parenti  i n   famiglia  ?  Come
          crescea mio cugino N a rduzzu,  crescevano  i  guai  di  N a rdazzu.
            I n   q u el  tempo  alto  s u onava  alle  nostre  contrade  la  rinomanza
          d i   Padre  G  i useppe  Noto,  rettore  del  Collegio  Calasanzio  d i
          Messina,  tanto  che  da  sola Aci-Reale  fummo  colà  i n vitati  dieci
         giovani  ad  erudirci  sono  la  d i rezione  d i   quel  reverendo.  Al  so­
          lito  N  i ccolò  Calì  Tono  e  Mariano  F  i nocchiaro  i n coraggiavano
          mio  padre a  sospingermi  nel  nobile  aringa, e  per  altro  era  neces­
          sità eh'  io  non albergassi ove non  porea avere un  palmo di terra su
          cui  consistere.
            Ne'  pochi mesi  ne'  quali dimorai presso  I'  amata nonna,  furono
          tal i   i  miei  crepacuori.  che  nello  s t esso  spasimo  del l '   esarceba­
          zione  desiderava  di  esservi  un  terremoto  così  violento  da  ade­
          guare  al suolo  il  nostro  palagio,  e  che  lì  sotto  a'  rottami  restasse
          sepolto  mio zio  G  i ovann i ,   ma  incolume e  senza  soffrir danno ve­
          runo,  che  avesse  la  testa  sola  fuori  dalle  macerie,  e  eh'  io  mi  fa­
          cessi  a  l u i   sopra  con  i n   mano  u n   masso  enorme,  giusto  come
          Polifemo  sopra  Aci ,   e  in  q u ella  forma  gli  rimproverassi  tutti  i
          maltratti  farri  soffrire  a  mia  madre,  a  mio  padre,  a  me,  senza
          averlo  giammai  offeso,  e  poi  fattogli  conoscere  s t ar  la  sua  morte
          nel  mio  arbitrio,  dargli  vita,  e  abbracciarlo  e  b a ciarlo  le  cento
          volte  chiedendogli  solamente  d[  non  odiarmi.  Da  questi  delirii
          misura  o  lettore  lo stato  dell'  animo  mio.
            In  quel  tempo  io  continuava  a  lordar  carta  tra  me  e  me  cre­
          dendo  di   poetare,  ma  era  argomemo  a'  miei  canti  altro  che
          Ugiero  il  Danese.
            Nel  1 8 09 entrando  nella chiesa di  San  Giuseppe per la piccola
          porta,  e  giusto  il  dì  8  dicembre,  gli  occhi  miei  eransi  imbattuti
          negli occhi di  una ragazza che avea u n   anno meno di me, essa forse
          e  senza  forse  non  f e ce  caso  alla  mia  persona,  che  restò  come  am,.
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