Page 16 - Vita di Lionardo Vigo
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         avessi  potuto  fa  r vi  un  fodero  nel  pancione  dd  novello  zio.  F u i
         scoperto.  e  mancò  poco  che  non  istendessi  p e r   terra  l'immane
         mole  del  fidanzato;  dopo  una  lunga  lotta.  mi  disarmarono.  e  fu
         mestieri  il  chiudermi  per  impedire  il  medirarn  omicidio.
            I n   quell'epoca  ebbi  molti  maestri  d i   scuola:  il  p r imo  si  fu  il
          nostro  cappellano  di  famiglia  sac.  Rosario  la  S p ina  Tiurbo,  co­
         stui  m'i mparò  dal! ' 11  alla  e. in  casa  insieme  alle  z i e  f e m  i n e  le
         q u ali  dovevano  apprendere  a  sottoscrivere  l'arto  dorale.  I l   se­
         condo  il sac.  Ignazio  Mangani ,   il  quale  dava  lezioni  a·  fi g li  e  ni­
          poti  del  Barone  Pen n isi  e  noi  studiavamo,  o  a  dir  proprio  n o n
         studiavamo  di  conserva.  Il  terzo  ! ' ab.  Giuseppe  Ragonisi  precet­
          tore  de'  figli  del  barone  M  u smeci,  e  anche  lì  non  si  scudiaYa  di
         accordo,  ma  col  Ragonisi  credo esser  giunto  alla f Il  quarto  si  fu
          un  Sanco  Lo  Coco.  anch'esso  prete,  il  q u ale  non  era  egli  stesso
          pervenuto  alla g;  e  il  q u i nto  il  sac.  Giovanni  Arcidiacono,  a  cui
          mio  padre  mi  consegnò  con  la  commissione  d i   consegnargli  il
         .mio  cuoio per salttrlo.  e  la  bestia  inumana  adempì  il  mandato  con
          tutte  le  sue  forze.  Egli  è  un  vero  equivoco  di  vita.  gracilissimo,
          pallido,  tutto  naso,  dagl i  occhi  p i cci n i ;   il  m  i o  collega  un
          Giacomo  Greco  oggi  fra'  Crociferi  detto  padre  Camillo,  gio­
         vane,  che avea  per testa  una  pomice:  noi  gareggiavamo  egli  a  non
          comprendere;  io  a  non  studiare,  e  il  feroce  Domine  (che  così
         chiamansi  i  maescri  di scuola)  a darci  concinue  ferlatc,  - ove cre­
          dete  ?  - in  testa.  Già la  mia  povera  zucca  erasi  abbassata  al  livello
          di  q u ella  del  condiscepolo,  e  il  dispicrato  Do mine  gioiva  ve­
         dendo  prossimo  il  tempo  di  salare  il  mio  cuoio.
            Così  giungemmo  al  1808 epoca  nella  quale cominciai  a  fruire
          il  benefizio  i n volontariamente  cagionatomi  da'  disprezzi  e  dal­
         J'odio  domestico .
            Mio  padre  era  dolente  del  vedermi  inviso  a'  miei  e  maltrat­
          tato,  dolence  della  mia  nessuna riuscita,  e  siccome  amava  me  più
         d i   se  stesso.  deliberò  sottrarmi  a  ranci  dolori  e  avviarmi  alla sa­
          pienza.  Egli  aveva  appreso  il  francese  col  favolista  V.  Gangi.  e
         quindi  avea  conrrano  amicizie  con  Mariano  Finocchiaro  dottore
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