Page 15 - Vita di Lionardo Vigo
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E i su oi tempi                    73


          abitavamo  la  casa  de'  S i gnori  Baniaro  contigua  al  convento  di  S.
          Teresa.  ivi era  una  finestra  alrissima,  e  p r oprio  nella seconda  ca­
          mera,  che chiudeasi ed apriasi con  una  corda  pendente. allora  mio
          padre  mi  legò a  quella con  ambe  le  mani appunto  mentre suonava
          l'orologio  della  cattedrale.  e  mi  sonò  sul  posrerior  mio  viso
          dieci  solenni  p i arronate  di  sciabola,  e  così  seguì  ad  ogni  quarto
          d'ora.  fìnchè  mia  nonna e  le  mie  zie  per  me  i n tercessero,  e  così
          f u i  sciolto  e  portato  sur  un  lena,  perché  non  porea  reggermi  in
          piedi. Di questi rin f reschi non ne ebbi nè uno. nè d u e.
             E  in  quel  tempo  io era  non che  i n quieto.  inquietissimo:  turro
          facea  occultamente.  scoperto,  negava  le  verità  le  più  man i f este.
          mi  ribellava  a  r u n e  le  autorità,  scappava  appena  mi  credea  i n
          colpa,  saliva  sui retei  come garro,  avea  continue  risse  co'  coetanei,
          aborriva  l'Abeccedario,  perché  m'era  imposto  da  coloro  ch'e­
          stimava  m  i ei  nemici  lo  studiarlo.  Un  giorno  da  un  terrazzo  salii
          sul  tetto  del  palagio  dalla  parte,  che  risponde  alla  chiesa  della
          SS.ma  Tri n i tà,  e  tanca  m'inoltrai  da  giungere  al  cornicione  e  di
          passeggiar\ri  sopra .   fìnchè  i  passanti  della  strada  non  comincia­
          rono  a  gridare  rabbrividendo  pel  mio  istante  pericolo.  Bastava  la
          vista  di  un  n i d o  di  passero  per  farmi  sprezzare  la  vira.  e  salire
          mura  e  sporti  alcissimi.
             Quand'io  non  era  martirizzato  o  battuto,  era  abbandonato  a
          me  stesso.  non c'era  anima viva  che  mi  sorvegliasse:  ero  elettrico
          abbandonato  alla  balia  di  ogni  amazione.  Per  sopraggiunta  sic­
          come  mio  padre  amava  le  armi.  anch'io  l'imirava  da  vera  scini­
          mia;  e  mi  ricordo  quando  volea ammazzare  un  castraco  a  colpi  d i
          pistola.  come  se· fosse  srara  u n .   colcello.  Ma  quando  n e l   1 8 06  l a
          zia  Maria  sposò  Paolo  Pen n i s i ,   l a   scena  si  stava  facendo  tragica.
          Io  l'amava  con  impero  di  afferro ,  e  presi  parre  alacremen t e  a
          turre  le  f e ste  degli  sponsali,  ma  la  sera  del  matrimonio.  menrre
          si celebrava  nella  cappella domestica,  un  imprudente  mi  sussurrò
          all'orecchio  che  lo  sposo  si  sarebbe  condona  via  e  per  sempre  l a
          carissima  zia.  C  i ò   udito  mi  armai  di  u n o   spadino  d i   d u e  palmi,
          e  tenendolo  occulco  e  n u do spiava  l'isrante  quando  con  sicurezza
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